di Barbara Fiammeri
Il Consiglio dei ministri che ha all’ordine del giorno il varo della legge di Bilancio slitta. Per il momento “solo” di qualche ora (allo stato attuale la riunione a Palazzo Chigi è convocata per le 20:30). Ma lo slittamento è sufficiente a confermare le tensioni più o meno latenti che attraversano la maggioranza, alle prese con una Finanziaria che ancor di più rispetto al passato lascia decisamente pochi margini di manovra, visto che due terzi delle risorse della trentina di miliardi messi a disposizione sono destinati a contenere il caro bollette.
Il braccio di ferro sul taglio dell’Iva per i generi alimentari di prima necessità
Di qui le difficoltà assieme al tentativo di far valere se non le proprie bandiere almeno qualche “bandierina”. Tipo quella sul taglio dell’Iva sui generi alimentari di prima necessità – pasta, pane e latte – chiesta da Forza Italia e dalla Lega («sarebbe una bella cosa» ha detto Matteo Salvini) ma che vede contrario il partito del premier, Fratelli d’Italia, perché ritenuta priva di efficacia se l’obiettivo è quello di mitigare l’erosione dei redditi.
La partita su flat tax e pensioni
Sulla flat tax e sulle pensioni sembra che invece Salvini si sia ormai rassegnato a innalzare il beneficio della tassa piatta alle aziende fino a 85 mila (e non a 100mila) di fatturato così come l’annunciato superamento della Fornero si fermerà a quota 103 (41 anni di contributi e almeno 62 anni di età) nell’attesa di generalizzare nei prossimi anni la cosidetta “quota 41” non più accompagnata dal requisito anagrafico.
La tregua fiscale
Anche la cosiddetta “tregua fiscale” sarà tarata sulle cartelle fino a 1000 euro e non oltre, perché fino a quella soglia costerebbe di più riscuoterle. Comunque niente di eclatante e certamente molto lontano dalle promesse elettorali. Anche se già allora si notavano tra gli alleati toni ben diversi.
La prudenza di Meloni e Giorgetti
Il «faremo quello che si può fare» Giorgia Meloni lo aveva già messo in chiaro prima delle elezioni del 25 settembre. La premier continua a ripetere che questo è un governo di legislatura, che ci sono «5 anni davanti a noi» e quindi ci sarà tempo e modo per onorare quegli impegni. Una “prudenza” premiata dai mercati con uno spread abbastanza stabile e anche da tassi che risentono certo della stretta monetaria in corso ma non dei timori delle scelte del governo italiano. Del resto, oltre a Meloni, a predicare «prudenza e responsabilità» è il suo ministro dell’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti, che lo aveva già spiegato a quattr’occhi al leader del suo partito poche ore prima della riunione a Palazzo Chigi con i capigruppo di maggioranza.
L’incognita dell’esame parlamentare della manovra
Già, perché al di là di come finirà la partita al tavolo del Governo, l’incognita maggiore è l’iter parlamentare della manovra che dovrà essere approvata in un solo mese e assai probabilmente con un passaggio sostanziale (cioè con inserimenti di modifiche) solo alla Camera, pena l’esercizio provvisorio di bilancio.
Le perplessità di Fi sulla riforma del reddito di cittadinanza
Tra i partiti l’aria che tira non è proprio delle migliori. Silvio Berlusconi e anche i capigruppo azzurri, Ronzulli e Cattaneo, hanno in diverse dichiarazioni voluto ricordare quali siano le priorità di Forza Italia e si mostrano molto prudenti sulla riforma del reddito di cittadinanza che la premier vuole e da cui conta di reperire risorse anche per aumentare il taglio del cuneo fiscale. L’ipotesi di azzerare il Reddito ai cosiddetti “occupabili” pesa soprattutto al Sud dove gli azzurri conservano un credito elettorale significativo e non a caso a manifestare perplessità è stato il presidente della Regione Calabria, l’azzurro Roberto Occhiuto. I sondaggi danno in questo momento Fi in discesa e quindi il Cavaliere corre ai ripari.
La proposta della Lega: bonus per i matrimoni celebrati in chiesa
La Lega evita di esporsi platealmente ma non ci sta a rimanere nell’ombra. Va letta anche in questa chiave la proposta bizzarra e già ritrattata del bonus per i matrimoni celebrati in Chiesa. Nel frattempo Meloni conquista fiducia e Fdi è al 28 per cento.