di Andrea Giambartolomei
In appello la parlamentare piemontese, a cui è stata affidata la delega all’Università, ha ricevuto una pena di un anno e 7 mesi per peculato
Redazione Il Fatto Quotidiano
Due cristalli Swarovski, una borsa Borbonese, storico marchio di moda torinese, tantissimi scontrini di ristoranti, pub e bar, scontrini “a catena”, battuti nello stesso locale nel giro di pochi minuti, oppure fatti quando lei, però, altrove. Sono alcune delle spese per cui Augusta Montaruli, la nuova sottosegretaria all’Università e alla Ricerca in quota Fratelli d’Italia, è finita nell’inchiesta Rimborsopoli della Regione Piemonte, un procedimento per il quale nel dicembre 2021 è stata condannata a un anno e sette mesi di reclusione per peculato. aspetta la Cassazione
Nata nel 1983 a Torino, Augusta Montaruli è una fedelissima di Giorgia Meloni e ha percorso tutta la trafila nelle file del partito. Nei primi anni Duemila, da liceale, è responsabile di Azione studentesca, organizzazione giovanile di Alleanza nazionale, e finisce per la prima volta sui giornali locali per una protesta contro il Festival del cinema gay: “Noi non ce l’abbiamo con i gay, ma vogliamo ricordare che la cultura della diversità si difende garantendo il pluralismo delle idee e non dando soldi al festival del cattivo gusto”, diceva Montaruli, allora neanche ventenne. Diventa rappresentante degli studenti universitari per il Fuan negli anni dell’Onda e degli scontri tra gli studenti dei collettivi e quelli di destra: di quegli anni circola ancora una foto di una gita a Predappio con bandiera di Azione giovani, croce celtica e saluto romano. Entra in consiglio regionale con il Popolo della libertà nel 2010, quando il leghista Roberto Cota diventa presidente del Piemonte, e come moltissimi altri consiglieri anche lei finisce nel mirino della Guardia di finanza per i rimborsi gonfiati.
Al termine dell’inchiesta, la procura torinese le contesta spese gonfiate per 41.552 euro nel solo periodo che va dal giugno 2010 al settembre 2012: spese in ristoranti, bar etc per 20mila euro, acquisiti in negozi di abbigliamento e gioiellerie per mille euro, ma anche un corso per l’uso dei social network da 4.800, spese per la creazione di database per 7.200 euro, monitoraggio della reputazione online per 6mila. Spuntano anche spese come la borsa Borbonese da 195 euro, due cristalli Swarovski da 168 euro e da 86 euro e una cintura di una boutique del centro. Curiose le giustificazioni dell’allora consigliera: la borsa, ad esempio, era stata regalata – sostenne – come premio per un concorso contro la violenza sulle donne, mentre i cristalli e la cintura erano stati assegnati su sorteggio nel corso di un incontro elettorale nel periodo natalizio nell’ufficio di Barriera di Milano, alla periferia di Torino
“In materia di rimborsi, di cui non sapevo nulla perché ero alla prima legislatura, mi sono attenuta al regolamento – aveva detto ai giudici in aula durante una lunga deposizione spontanea interrotta dai singhiozzi -. Riponevo la massima fiducia nelle persone preposte al controllo, gente di esperienza più vasta della mia: il capogruppo, per esempio, veniva da diverse legislature”. Il tribunale le crede e la assolve per la maggior parte delle accuse, ritenendo talvolta le sue ragioni poco plausibili ma tollerabili oppure errori in buona fede. Molte spese vengono ritenuti di rappresentanza e le fatture come il corso per i social network, lo studio della reputazione online e il database considerate spese per le attività politiche. Montaruli si becca soltanto una condanna a quattro mesi per finanziamento illecito: si era fatta rimborsare dalla Regione 200 euro di una spesa in un ristorante in cui si era tenuto un incontro elettorale di Maurizio Marrone, all’epoca suo marito e attuale assessore regionale, in vista delle amministrative del 2011.
In appello, i pubblici ministeri rilanciano le loro accuse e la Corte d’appello dà una valutazione diversa dal tribunale, così Montaruli viene condannata per peculato per essersi fatta rimborsare spese per un totale di 25mila euro circa: 20mila euro di bar e ristoranti, il corso per i social network, borse, Swarovski e i libri Mia suocera beve e Sexploration, “di cui non si coglie il nesso con l’evento letterario sulla violenza sulle donne, stranamente organizzato in notturna”, si legge nelle motivazioni. Nel novembre 2019 la Cassazione conferma l’impianto delle accuse, fatta eccezione per un dettaglio minore, ragione per cui ha ordinato un secondo processo in corte d’appello che il 14 dicembre 2021 ha confermato la condanna a un anno e sette mesi