Disabili respinti sul treno, quell’inutile ministero guidato dalla Stefani

Oltre lo sdegno, giusto, per i 27 ragazzi down obbligati a scendere dal treno, l'Italia è al palo sulle politiche per i fragili, nonostante l'istituzione nel 2018 di un ministero nel quale si sono alternati ministri leghisti

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Il copione si ripete.

Adesso è l’ora dello sdegno, sacrosanto, giustissimo, come non provarlo di fronte all’episodio di puro razzismo per il quale un gruppo di persone disabili sono state costrette – in Italia, nel 2022 – a scendere da un treno, nonostante il biglietto regolarmente pagato e posti a loro riservati.

Certo, c’era stato un disservizio, carrozze soppresse, overbooking, il dato di fatto però è che il gruppo di “normali” (anche loro con biglietto pagato) che occupava abusivamente quei posti, non si è alzato per far sedere quei 27 ragazzi down. Ci meravigliamo? Insomma, mica tanto.

Perché nel nostro paese questa è la regola. Erano “cattivi” quei passeggeri che non si sono alzati? Direi indifferenti più che altro, arroccati nel privilegio della propria normalità, dell’avere menti non divergenti e braccia e gambe funzionanti, torvamente autoassolti dal fatto di constatare, forse, che quei 27 ragazzi non erano in carrozzina e senza evidenti disabilità fisiche.

In questo episodio di razzismo, perché è così che lo dobbiamo chiamare, la responsabilità del singolo (maleducato, indifferente) si fonda però con la responsabilità collettiva di una società, la nostra, che non considera le persone disabili soggetti con diritti costituzionali esattamente come tutti i cittadini, ma oggetti di pietà, di welfare approssimativi, o magari di incantata ammirazione se sono campioni paralimpici o premi Nobel in carrozzina.

E gli altri? Le migliaia di autistici, disabili mentali o i tetraplegici che non sono eroici o “carini” proprio per niente? Dimenticati. In una totale mancanza di cultura dei diritti e delle regole per le quali chi è più fragile dovrebbe essere tutelato sempre e comunque dallo Stato. E da questo dovrebbe discendere una cultura civica per cui il posto auto di un disabile non viene considerato un parcheggio “rubato” a un normodotato, ma semplicemente il diritto di chi ha una difficoltà.

Cose banali insomma, che altrove sono leggi invalicabili e nessuno penserebbe di infrangerle. Eppure in Italia, dal 2018, abbiamo un ministero per la Disabilità, feudo leghista fin dalla nascita, appaltato prima a Lorenzo Fontana, fedelissimo di Salvini e amico di Pillon, il quale anziché occuparsi di barriere architettoniche e diritti dei più fragili, si era occupato di piazzare il patrocinio governativo e organizzare insieme ai prolife la (famigerata) conferenza di Verona sulla Famiglia, lanciando anatemi antiabortisti e campagne contro le famiglie Lgbt.

Al ministero gli è succeduta nel 2021 Erika Stefani, leghista anche lei naturalmente, un po’ più soave di Fontana, eppure dal 2021 ad oggi, a parte molti tagli di nastro, molte visite ad associazioni e buffetti a bambini in carrozzina, molte dichiarazioni di sdegno di fronte a piccoli autistici lasciati fuori dalla classe, o appunto, ragazzi disabili fatti scendere dal treno Roma Milano, è stata singolarmente silente.

Non una dichiarazione che chiami in causa la mancanza di diritti, non una battaglia (degna di nota) per aumentare fondi e pensioni di chi è costretto a vivere di welfare. E nemmeno una campagna informativa, massiccia, sui diritti dei disabili, sulle barriere, sulla mancanza di insegnanti di sostegno, sull’inclusione “vera”, non una voce su quelle leggi ferme in Parlamento da anni come la legge sul sostegno ai caregiver. Sì, è stata varata la “disability card europea”, sì, con tempestività imperfetta è stato annunciato il decreto di un fondo per il turismo sostenibile, a due giorni dalla cacciata dal treno dei ragazzi down.

Davvero poca cosa anche per un ministero senza portafoglio, che dovrebbe rappresentare tre milioni e 150 mila persone (dati Istat) con “gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali” cui si somma una vasta platea di disabilità meno gravi. Niente da fare, scommessa persa: amaramente potremmo dire che dal 2018 invece di un ministero per la Disabilità abbiamo un ministero dell’Inutilità.

 

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