Al di là dell’entità della cifra, i cinquanta euro in più per ogni figlio con disabilità, sono un segnale che il ministro leghista Erika Stefani commenta con favore.

Gianni Santamaria sabato 5 giugno 2021

Ma, ribadisce la titolare del nuovo dicastero per le Disabilità, non bisogna dimenticare le leggi in cantiere e quelle già esistenti che per permettere a queste persone di costruire un progetto di vita – vanno «messe a terra, attualizzate anche nelle Regioni dove questo non avviene».

Come giudica la misura?

Con questo provvedimento intanto si va a confermare la volontà di inserire nell’assegno unico una maggiorazione per i figli con disabilità. Certo una famiglia non è che vedrà rivoluzionato il proprio bilancio con cinquanta euro. Ma penso che l’importante sia il segnale che viene dato: nelle misure c’è attenzione alle persone con disabilità. Un segnale di civiltà e di evoluzione della nostra società che si deve necessariamente ispirare a princìpi di comunità e solidarietà.

Come far aumentare la cifra?

Farei un passo indietro. Non dobbiamo vivere di provvidenze. Stiamo per elaborare la legge quadro sulla Disabilità, che in base al Pnrr ci siamo impegnati a fare entro il 31 dicembre, che riguarda i progetti individuali di vita. In base a questi si costruiscono le risposte, i servizi basati sulle esigenze della persona. E non solo: dovrà essere valutato anche l’impatto sul regime delle provvidenze.

In prospettiva c’è la riforma del fisco.

Auspico che in quella sede vengano affrontati i carichi di quelle situazioni che in casa hanno un impatto certamente sul reddito, e molto, ma anche sulla qualità della vita. Occorre veramente avere dei segnali di attenzione perché in sede di dichiarazione dei redditi una cosa è avere a carico un figlio, un’altra un figlio con disabilità, anche se ha la pensione e l’accompagno.

Come mettere ulteriormente al centro queste persone?

La rivoluzione in realtà è già iniziata con una legge molto importante, la 328, che risale a molti anni fa. Secondo quanto questa prevede, la persona con disabilità non deve andare a bussare a mille porte – in cerca di medici, logopedisti… – e accontentarsi di quello che passa il convento. Deve essere strutturata una progettazione attorno alle persone con équipe interdisciplinari che la seguono nel suo progetto di vita.

 

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