Augusta Montaruli è diventata onorevole per circa 150 voti. Ecco la sua parabola nella politica italiana
Dicono sia “irrequieta” e pare lo riconosca anche lei, con quello zaino sempre pronto. Augusta Montaruli è diventata onorevole per circa 150 voti. Uninominale Piemonte uno, dove il deputato di Fratelli d’Italia continua a vivere quando è a Torino. In termini politici, quella vittoria è qualcosa di molto simile ad un miracolo: nessuno a destra, neppure in Fdi, se lo aspettava.
A crescerla ci ha pensato la nonna di cui porta il nome. Il duo, nonna e nipote, era solito transitare dinanzi alle case popolari: “Porta rispetto – si sentiva dire la piccola Augusta – perché qui abitano gli esodati istriani”. Quando la giovane Montaruli si accorgerà dell’assenza delle foibe dalle pagine dei libri di testo si ricorderà di quel monito. Da adolescente farà una scelta: una tessera di Azione Giovani, il movimento giovanile di Alleanza Nazionale, presa nel giorno del suo compleanno. Perché in quei ragazzi rintraccerà i suoi simili: i militanti di uno dei movimenti che hanno preteso il riconoscimento storico e legislativo del dramma degli infoibati. Certo Ag non è stato solo questo, ma per avvicinarsi alla politica basta spesso una singola scossa interiore. La destra per il deputato di Fratelli d’Italia sarà prima suggestiva e poi definitiva. Per il suo ambiente è da tempo la “pasionaria”.
Figlia di due genitori disabili al 100%, da parlamentare sta combattendo anche per l’introduzione nei contesti più disparati della LiS, la lingua dei segni. Anche per via della sua storia familiare, la pasionaria torinese si è battuta durante il Covid-19 affinché le conferenze stampa di Palazzo Chigi fossero tradotte con la Lis, ma l’onorevole si è spesa pure per le mascherine trasparenti, senza le quali le persone sordomute hanno una difficoltà in più di questi tempi, e per la riapertura dei maneggi per l’ippoterapia.
Augusta Montaruli non sta mai ferma, e nessuno – ammette chi le è vicino – riesce a reggere i suoi ritmi. La descrivono così: come una che conserva uno zaino con un tricolore appeso in ufficio. Perché i viaggi sono improvvisi per definizione, come quella volta sull’Himalaya o ancora meglio a Santiago de Compostela. Sembra un cronista vecchio stile, uno di quelli che rimbalzavano come palline da ping pong da una storia all’altra, ma in realtà avrebbe voluto fare il manager. Niente di più lontano dalla realtà: Augusta Montaruli è laureata in Giurisprudenza, esercita la professione di avvocato nonostante non fosse previsto dai piani, e per un po’ ha lavorato pure in una concessionaria. La militanza politica sullo stile della destra giovanile è sempre stato il cuore delle sue giornate. In specie ora, che è costretta ad avere a che fare con i palazzi romani: non ci si dimentica da dove si proviene, ripete zaino in spalla.
Prima non c’è stata un’autostrada: il contesto politico torinese ha reso difficile persino la laurea. I centri sociali dell’estrema sinistra ci hanno messo del loro. Come quella volta in cui certi compagni hanno provato ad impedirle di sostenere un esame con fischi e schiamazzi. Riuscirà ad essere esaminata e prenderà trenta. Poi, in ordine, le esperienze amministrative a San Mauro Torinese e la consiliatura regionale in Piemonte, dove la stampa inizia ad accorgersi di una traiettoria che non è destinata a spegnersi subito. Augusta Montaruli non ha vissuto gli anni 70′, ma a Torino, come a Bologna e Firenze, il movimentismo ideologico ha avuto una lunga scia: l’onorevole si è formata sui banchetti, sui volantini, con i megafoni e la difesa fisica degli spazi. Ha condiviso con quella che chiama comunità una gioventù impegnata ma faticosa. Poi il boom elettorale della rinata destra italiana ha tolto un po’ di castagne dal fuoco.
Chi conosce la Montaruli la chiama “secchiona”, perché non ha mai mollato un centimetro di libro, ma questa è una storia in cui spuntano nomignoli a iosa: “Cita e grama” è quello che ricorre di più. Forse è uno scherno dei giovani lib-dem piemontesi ma poco importa: l’onorevole si è appesa al collo quel soprannome a mezzo collanina. Augusta sarebbe il primo nome della sua Torino, Augusta Taurinorum, ma il legame più forte, a prescindere dall’identità territoriale, resta quello con l’omonima nonna cui ammette di dovere tutto. Le ha insegnato a combattere. E infatti un suo collega, l’onorevole Giovanni Donzelli, la chiama solo “combattente”, senza troppi giri di parole: “Si è forgiata negli anni dell’Università, quando anche la presenza fisica nelle facoltà costituiva una vittoria”.
Non erano più gli “anni di porfido” come cantava la Compagnia dell’Anello, ma qualche scontro c’è: la Montaruli racconta di aver subito aggressioni dai massimalisti di sinistra, sia nella sua facoltà sia nel corso di manifestazioni. Realtà estremiste come i centri sociali monitoravano – narra la Montaruli – gli spostamenti per verificare la presenza o meno dei leader del Fuan in Università. Vennero organizzati picchetti per impedirle la frequenza, tanto da costringere Azione Giovani ad organizzare una sorta di scorta sino ai cancelli della facoltà. Le femministe non dissero niente, ma l’indignazione circolò parecchio: Giampaolo Pansa ha citato l’episodio dell’esame di procedura penale, quello svolto nonostante il boicottaggio della sinistra, in un suo libro.
E poi? “E poi? Poi non ha mai mollato, ci racconta sempre Donzelli, che coordinava la Montaruli in Azione Universitaria in qualità di presidente nazionale: “Augusta è una che non regala niente a nessuno, soprattutto a a se stessa”. Non è finita: qualcuno da ultimo ha iniziato con “Marruca”: è una pianta con le spine, che però genera miele. La Montaruli viene percepita come una ostica che però si può sciogliere. Averci a che fare non dev’essere semplicissimo, perché è una perfezionista: Donzelli ricorda volentieri i litigi, che sono il frutto della determinazione. Del resto l’esempio per tutti era ed è quello di Giorgia Meloni, che della totalizzazione della militanza ha fatto la sua vocazione.
La pelle ci racconta qualcosa. Tre tatuaggi all’attivo: una frase di Evita Peron .- quella sul rinunciare agli onori ma non alla lotta -, una croce del cammino di Santiago per ringraziare gli effetti derivanti dai cammini e un limone, come lo zaino, in qualità d’antidoto “contro la cattiveria” – ci raccontano – , ma pure per non dimenticarsi mai degli affetti profondi. Lo stress degli scontri con i compagni aveva lasciato qualche traccia: per via di un agguato subito sotto la propria dimora da una persona vicina, alla Montaruli, traumatizzata, venne un’orticaria difficile da debellare. La pelle può metterci più tempo a dimenticare della mente
A proprosito di tempo, l’onorevole non ne ha tanto per lo svago, ma una sua amica – Monica – sottolinea comunque due tratti: l’affidabilità e la spontaneità. Qualche serata di svago ogni tanto spunta: tra donne le chiamano “commarate”. Lo sappiamo per via dei social, dove l’onorevole Montaruli, ogni venerdì sera, si prende in giro da sola. E poi certo, c’è “Mauri”, cioè Maurizio Marrone, che della Montaruli è l’ex marito e che oggi assessore della Regione Piemonte: “Nomen omen”, ci fa presente. Il deputato di Fdi è una che “si è sudata il seggio in Parlamento nel collegio più difficile della regione, come donna delle istituzioni, ma portando con sé per mano la stessa militante diciassettenne che ha iniziato il suo percorso aprendo le sezioni ai cittadini più umili nelle periferie…”.
Quando era piccola tifava Milan come il papà, che è morto da dodici anni. Oggi, da parlamentare, continua a fare colazione con pane e pomodoro e spremuta d’arancia, ma una volta a settimana si concede il cibo etnico. Da quando è a Roma, la Montaruli si è appassionata alla musica indie, che è un tratto tipico di Trastevere e dintorni. Lo zaino col tricolore però funge da monito, come quello della nonna sul rispetto da portare agli esuli: lo zaino tricolore da viaggio le ricorda che non deve farsi risucchiare dall’Urbe, che è famosa per i vortici esistenziali che crea.