I disegni dei bambini, gli ospiti speciali, l’interprete della lingua dei segni star sul web. L’appuntamento all’ora di pranzo che ha ispirato l’imitazione di Maurizio Crozza
di Marco Bonet
È finita, anche se qualcuno non vuole crederci. «Impossibile». A questo punto la si voleva eterna, uno streaming verso l’infinito e oltre. Invece è proprio così, l’ufficio stampa conferma: «Questa è l’ultima, ragazzi». Toccherà farsene una ragione: da oggi, la-conferenza-stampa-di-Zaia, detta così, tutta d’un fiato, come il titolo di un format tivù, non si fa più. Qualcuno dice che il presidente non resisterà a lungo (e in effetti ne ha già convocata una per venerdì) ma non potrà mai essere la stessa cosa, perché 130 giorni consecutivi (130! consecutivi!) in diretta non si erano mai visti prima e chissà se si rivedranno mai più. C’è da sperare di no, a ripensare come tutto è cominciato: la scoperta che il coronavirus è arrivato anche qui, i primi morti, il morbo che dilaga, il terrore dei contagi, le famiglie in isolamento, i bambini via dalla scuola, gli scienziati nel caos, le saracinesche giù a forza. Il buio. Zaia si rende conto che l’ansia e la paura germogliano proprio lì, nei dubbi che scavano i veneti dalla mattina alla sera, e decide di iniziare a parlare con loro giorno dopo giorno, ogni giorno, a mezzogiorno, spiegando ciò che si sta facendo, senza filtri, senza il timore di ammettere: «Non lo sappiamo». Di mostrare la stanchezza. All’inizio è tutto improvvisato, nel parcheggio antistante alla sede regionale della protezione civile a Marghera.
La «macchina» di Parmeggiani
Poi, quando l’emergenza si normalizza un po’, il portavoce Carlo Parmeggiani mette in piedi una macchina da far invidia a Palazzo Chigi (la sua voce, mentre dà il via al «giro di domande dei colleghi», è diventata uno dei must della diretta): Zaia è al centro, alle sue spalle il logo della protezione civile; un passo indietro, Chiara Sipione, interprete della lingua dei segni, diventata un idolo dei social; sul tavolo, una selva di microfoni; alla destra del presidente, l’assessore alla Sanità, Manuela Lanzarin; alla sinistra, l’assessore alla Protezione civile Gianpaolo Bottacin (raccontano che gli altri membri della giunta non l’abbiano presa bene, anche perché tra un po’ si vota; Zaia ha rimediato nella «Fase 3» concedendo loro i riflettori, uno ad uno, per i piani di ripartenza dei vari settori). A distanza di sicurezza, con mascherina d’ordinanza, i giornalisti. Poi un plotone d’esecuzione di telecamere. Quindi, una volta finito il lockdown, perfino il pubblico: «Prego, accomodatevi». A Marghera arrivano rappresentanze di lavoratori infuriati, cittadini preoccupati ma pure famiglie curiose di vedere «Luca» dal vivo. Ospite fisso, il titolare della farmacia dietro l’angolo. La pasticceria Milady manda le pizzette, poi col tempo arriveranno i ristoratori di Bassano con gli asparagi, i produttori di ciliege.
I cartelli e gli scienziati
Zaia s’inventa i cartelli con i dati salienti dei report di Azienda Zero (pensati, prima dell’arrivo di Chiara, proprio per i non udenti) ma col passare del tempo affina la scaletta: c’è «l’ospite speciale», ossia gli scienziati della «squadra veneta» invitati a raccontare la loro battaglia contro il virus, ci sono gli auguri alle nonne centenarie, la conta delle donazioni, l’angolo delle «Faq» sulle ordinanze (e qui Zaia ha dimostrato una pazienza esemplare, rispondendo senza batter ciglio a qualunque domanda, dalla voga alla veneta su caorlina alla tolettatura per cani), i disegni dei bambini, vero colpo di genio comunicativo che il governatore rivendica con orgoglio («Siamo stati gli unici a preoccuparci dei più piccoli, a far capire loro che ci stavano a cuore»), con i bimbi che ringraziano rompendo i salvadanai. Senza dimenticare Damiano, il ragazzino che invia via posta le uova, che vengono messe in incubatrice fino alla schiusa e alla nascita del pulcini. Prima che si spengano le luci viene perfino lanciata la prossima puntata: «Non mancate domani, parleremo di una bella novità». Il Veneto s’impone come modello nazionale (e internazionale) nella gestione del covid-19, arrivano inviati da tutta Italia, dalla Russia, dal Giappone, dalla Germania, dalla Francia, dagli Stati Uniti.
I numeri
L’opposizione grida al comizio a reti unificate, alla fine della democrazia, prova a calcare la mano sugli scivoloni (come quello iniziale sui «cinesi che mangiano topi vivi») ma ormai è tardi, Televirus è esplosa, soprattutto su Facebook, dove Zaia va in diretta con numeri da capogiro: dal 21 febbraio al 30 giugno la sua pagina registra punte di 12 mila like al giorno (in totale sono 660 mila), raggiunge 2,2 milioni di spettatori che interagiscono 7,3 milioni di volte (c’è chi si complimenta, chi critica, chi fa domande, convinto che Zaia legga e chissà, magari risponda). Molti lo seguono da fuori Veneto, dilaga «Zaia premier». Per follower, tra i governatori, è secondo solo al campano De Luca. Ma De Luca è ieratico, un predicatore, Zaia punta sulla comunità, è «umano», «uno di noi» e difatti sui social nascono gruppi come «le Tose di Zaia» o «Pillole di Zaia», con decine di migliaia di fan.
L’imitazione di Crozza
L’imitazione di Crozza («Eeeeeragionateci sopra») è la consacrazione e c’è chi si domanda: «A questo punto a che servono gli influencer per il turismo, se l’influencer più forte di tutti ce l’abbiamo in casa?». Ma da oggi stop, è tutto finito. E chissà come la prenderà quell’anziano signore che un giorno scese dal piano di sopra e fece capolino in sala, borbottando seccato: «Zaia dighe a quei dea television che de sora non se vede gnente!». Ragazzi aggiustate il segnale, che tra un po’ si spegne.