La FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, in riferimento alla bozza di decreto legge che dovrebbe introdurre il reddito e la pensione di cittadinanza, oltre a stigmatizzare le dichiarazioni che affermano infondatamente l’aumento delle pensioni di invalidità civile, rileva come non vi siano, nei testi attualmente noti, sufficienti misure a favore delle persone con disabilità.
Non vi trova spazio la consapevolezza che quelle persone vivano una maggiore esclusione sociale, un maggior rischio di impoverimento, maggiori oneri assistenziali a fronte di servizi troppo spesso insufficienti e compensati dai loro familiari.
Si afferma ciò, ancora con più forza, leggendo le dichiarazioni che indicano in 260.000 le persone con invalidità che gioverebbero del reddito di cittadinanza, cifra del tutto aleatoria, oltre che risibile di fronte a milioni di persone con disabilità grave in Italia. Ma quand’anche la cifra fosse reale, è decisamente inferiore a quella che dovrebbe o potrebbe essere se vi fosse concreto riconoscimento delle condizioni di vita. Infatti i testi della bozza di decreto, in alcuni rilevanti passaggi, trattano i nuclei in cui sia presente una persona con disabilità (anche se non autosufficiente o con disabilità grave) in modo più svantaggioso rispetto ai nuclei in cui non sia presente la disabilità pur a parità di condizioni economiche. Chi diffonde quelle cifre non dice che le stesse pensioni (esclusa l’indennità di accompagnamento) vengono di fatto considerate un reddito dal provvedimento.
FISH è perfettamente consapevole che al momento non sia stata prevista una copertura economica sufficiente a garantire le “promesse” di elevare le pensioni di invalidità a 780 euro. Al di là del giudizio politico su tale lacuna, FISH riserva una grande attenzione e conseguenti aspettative proprio sulle premesse fondative del reddito di cittadinanza definito come: “misura unica di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro, nonché a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro.”
Pertanto, affinché queste finalità riguardino davvero anche le persone con disabilità e le loro famiglie, rispetto alla bozza di decreto la Federazione chiede, con forza e convinzione, per lo meno le seguenti correzioni:
- la pensione di cittadinanza, con i limiti corretti di seguito, sia estesa anche alle persone con disabilità a prescindere dall’età;
- il limite ISEE previsto per la concessione di reddito e pensione di cittadinanza sia elevato a 15.000 nel caso in cui nel nucleo sia presente una persona con disabilità grave o non autosufficiente (come definite dal DPCM 159/2013, quello che ha disciplinato l’ISEE);
- la soglia reddituale fissata a 6.000 euro ai fini della concessione del reddito di cittadinanza sia elevata a 12.000 euro nel caso in cui nel nucleo sia presente una persona con disabilità grave o non autosufficiente; nelle medesime situazioni la soglia ai fini della pensione sia elevata da 7.560 euro a 16.560 euro e con riferimento al solo reddito personale dell’interessato;
- sia eliminato dal decreto la parte che prevede il computo, nel reddito di cui al punto precedente, delle provvidenze assistenziali (e quindi: “ed inclusivo del valore annuo dei trattamenti assistenziali in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi.”);
- il limite di patrimonio mobiliare consenta un incremento maggiore di quello previsto, nel caso in cui sia presente nel nucleo una persona con disabilità: 10.000 euro nel caso di disabilità media; 30.000 euro nel caso di disabilità grave o non autosufficiente al fine di riconoscere il potenziale investimento del nucleo rispetto al “dopo di noi”;
- nella scala di equivalenza adottata per il calcolo del limite di reddito e dell’importo del reddito di cittadinanza sia aggiunto un coefficiente ulteriore ed aggiuntivo di 0,5 per ogni persona con disabilità grave o non autosufficiente presente nel nucleo e dello 0,2 nel caso sia presente una persona con disabilità media (come da definizioni del DPCM 159/2013);
- adottare ai fini del calcolo dell’ISEE quanto previsto dall’articolo 6 del DPCM 159/2013 (cioè il cosiddetto ISEE ridotto) quando il valore sia di maggior favore per il richiedente nel caso sia persona con disabilità;
- consentire alle persone con disabilità e a chi le assiste di accedere, su loro richiesta, ai servizi relativi ai progetti personali connessi al Patto per il Lavoro e al Patto per l’Inclusione Sociale.
Sono queste le istanze, chiare e anche sostenibili, che FISH sottopone al Governo e al Parlamento che dovrà convertire il decreto legge. Rinviare sine die gli interventi a favore della non autosufficienza e della disabilità, invocando interventi futuri e codici complessivi, non favorisce certo la credibilità e l’autorevolezza dei decisori politici.
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