Celebrazioni, lingua dei segni, saluti romani, polizze e concorrenza: cronache da un parlamento bloccato (o quasi)

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Figaro qua, Figaro là – Anche se in tempi di crisi, una celebrazione non si nega a nessuno. Specie se si chiama Gioacchino Rossini ed è nato proprio nel tuo collegio.

di GIOVANNI ONORATI 

La senatrice del Pd Camilla Fabbri, originaria e residente a Pesaro, è riuscita a far approvare, dopo un anno e mezzo, una legge che stanzia 700mila euro per le celebrazioni del 150esimo anniversario della morte del compositore. L’ha presentata a febbraio 2016 e originariamente prevedeva uno stanziamento di oltre 3 milioni di euro. A via XX settembre sono saltati sulla sedia, ma alla fine la Fabbri l’ha spuntata: la legge è passata, con una sostanziosa riduzione dei finanziamenti. Il 2018 sarà dichiarato anno rossiniano, e al Comitato promotore delle celebrazioni verranno concessi 700mila euro. L’elenco delle iniziative è il solito di queste leggi, già contenuto nel ddl per il bimillenario della morte di Ovidio: restauro e recupero dei luoghi dove ha vissuto Rossini, borse di studio, iniziative internazionali e in questo caso concerti e convegni. La legge è stata approvata all’unanimità in Commissione Istruzione al Senato proprio questa settimana, e probabilmente andrà alla Camera senza passare per l’Aula, direttamente in sede deliberante. E la stessa sorte toccherà a un’altra iniziativa analoga, arrivata ormai alla lettura finale: quella che mette in campo 300mila euro per “preservare la memoria di Giacomo Matteotti”. Originariamente nata per la ricorrenza dei 90 anni dall’assassinio del deputato socialista, per i soliti problemi finanziari ha scavallato il 2014 e sembrava ormai decaduta. Poi si è deciso di riprenderla, e la Camera ha anche aggiunto un articolo per stabilire una volta per tutte la governance della Domus Mazziniana di Pisa, assegnandone la gestione alle tre università della città toscana. Anche in questo caso serve solo l’ok della Bilancio, e poi la proposta diventerà legge.

SORDI, MA SENZA SOLDI – Sarà demagogia, ma si trova un milione per Rossini e per Matteotti (per carità, iniziative più che lodevoli) e da mesi si cercano risorse per il riconoscimento della lingua italiana dei segni. La prima versione stanziava 100 milioni, ed è stata bocciata dalla solita Ragioneria generale dello Stato che ha preteso che la legge fosse a costo zero. Questa settimana la Commissione Affari costituzionali del Senato è riuscita a riapprovarla, con una soluzione che permette di sbloccare l’iter del testo (magari rifinanziandolo nella prossima legge di bilancio), ma che secondo le opposizioni rischia di far rimanere sulla carta i pur importanti diritti che riconosce. Tra questi, l’inserimento nei livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale degli strumenti di prevenzione e identificazione precoce della sordità (come le indagini in gravidanza, gli screening neonatali o la diagnosi audiologica e oculistica pediatrica) e degli interventi di sostegno psicologico per i bambini sordi e di formazione e sostegno pedagogico per le loro famiglie all’interno di centri regionali specializzati; la possibilità di usare ausili informatici; l’abbattimento delle barriere architettoniche; la diffusione e l’utilizzo delle forme di comunicazione alternative alla lingua parlata, a partire dalla lis e dai sottotitoli, per favorire l’accesso ai programmi televisivi, alle campagne pubblicitarie istituzionali, ai portali Internet pubblici, ai servizi di emergenza e pronto intervento, alle strutture sanitarie, ai luoghi culturali e sportivi e nei procedimenti giudiziari; e la garanzia dei servizi di sostegno e inclusione scolastici degli alunni sordi, tra cui la presenza, a seconda delle esigenze personali, dell’insegnante di sostegno e degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione (anche in ambito universitario, post-universitario e della formazione professionale continua dei lavoratori).

SALUTI ROMANI ADDIO – Se ci sono leggi che non hanno bisogno di coperture finanziarie, sono quelle che introducono nuovi reati. Negli ultimi anni, si è anzi assistito a quella che la dottrina giuridica ha chiamato “ipertrofia del codice penale”. Un fiorire di articoli bis, ter, quater fino all’undecies, nel tentativo di scoraggiare comportamenti ritenuti antisociali. L’ultimo esempio in ordine di tempo è il ddl che ha avuto il primo ok della Commissione Giustizia della Camera. Secondo il testo, a prima firma del capogruppo Pd in Commissione Affari costituzionali, Fiano, noto ai più per essere stato il relatore dell’ultima legge elettorale, chi “propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie, anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità, viene punito col carcere da sei mesi a due anni. Se poi il fatto è compiuto online, la pena aumenta di un terzo. Si preannunciano tempi duri, insomma, per chi vende gadget con l’immagine di Mussolini o di Hitler. E anche per chi fa il saluto romano, fin qui punito a fatica come “apologia di fascismo”. Sempre ammesso che si trovi un pm che ha il tempo di istruire un processo del genere…

CONCORRENZA IN DIRITTURA D’ARRIVO LA LEGGE ANNUALE… DEL 2015 – Date la colpa al bicameralismo, alla politica, al Governo, a chi volete voi. Fatto sta che la legge annuale del 2015 sulla concorrenza ancora deve essere approvata. Tra squilli di tromba, il 3 aprile di quell’anno Matteo Renzi annuncia che per la prima volta i suggerimenti contenuti nella Relazione annuale dell’Autorità antitrust sono state messi nero su bianco dal Governo. Le polizze auto e le bollette della luce costeranno di meno, via le rendite di posizione delle varie corporazioni, come notai, avvocati, eccetera. Poi il testo non ha retto alla prova del Parlamento, del lavoro delle lobby, dei problemi finanziari. A fatica è arrivato alla terza lettura, e il Governo Gentiloni ci ha anche messo la faccia e la questione di fiducia. Sembrava tutto fatto, poi il Pd ha fatto muro, e ha modificato quattro piccoli commi (su un totale di 193), eliminando ad esempio dal divieto di rinnovo tacito  tutti i tipi di polizze assicurative del ramo danni e l’obbligo per gli operatori di call center di comunicare all’esordio della conversazione i dati dell’impresa per la quale chiamano e lo scopo commerciale o promozionale della chiamata. Le opposizioni (ma anche i gruppi centristi che sostengono il Governo) sono insorte, ma il Partito democratico alla Camera è autosufficiente, e il sottosegretario allo Sviluppo economico Gentile ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco e rimettersi alle Commissioni Finanze e Attività produttive di Montecitorio per evitare di avvisare Gentiloni che il Governo era stato battuto. Risultato: sarà corsa contro il tempo per approvare la legge (che contiene anche alcune misure lodevoli, come gli sconti sull’rcauto) prima dell’estate, visto che dovrà tornare al Senato.

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