Si è concluso ieri a Ginevra l’esame del report italiano sull’attuazione della Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità. Le osservazioni del CRPD arriveranno il 2 settembre, ma ecco un’anticipazione dei rilievi mossi al nostro Paese, a cominciare dall’enorme disparità di accesso ai servizi fra un territorio e l’altro
di Sara de Carli
Il 24 e 25 agosto il Committee on the Rights of Persons with Disabilities (CRPD) ha esaminato a Ginevra il rapporto inviato dall’Italia sulla nostra attuazione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. La Convenzione, approvata dall’Onu il 13 dicembre 2006, è stata ratificata dall’Italia nel febbraio 2009. Il CRPD renderà pubbliche le sue osservazioni conclusive sul report italiano il 2 settembre (saranno disponibili qui, dove già sono pubblicati tutti i materiali inviati dall’Italia, sia a livello istituzionale sia di rapporto-ombra) ma già ieri sera ha pubblicato una primo report dei lavori svolti. Eccone una sintesi (qui il testo completo).
Gianludovico De Martino, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha presentato questi dati: l’Italia ha stanziato quasi 17 miliardi di euro ogni anno per le persone con disabilità, a cui si aggiungono i circa 1,7 miliardi di euro spesi dai Comuni. Il Ministero dell’Istruzione solo ha speso 6,4 miliardi di euro per gli insegnanti di sostegno, mentre ulteriore 700 milioni di euro vengono spesi ogni anno per gli assistenti educativi e di comunicazione per gli studenti con disabilità. De Martino ha annunciato che un modello innovativo di intervento nazionale in favore di una vita indipendente per le persone con disabilità sarà lanciato nel 2017, mentre il secondo piano d’azione per le persone con disabilità, sarà approvato a metà settembre: proseguirà le azioni del piano precedente e aggiungerà azioni sulla raccolta di dati sulla condizione delle persone con disabilità (un punto su cui l’Italia è debole).
Il Comitato degli esperti ha apprezzato in particolare il lavoro svolto dal suo Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità (nato in seguito alla ratifica della Convenzione Onu) e il piano per attuare la Convenzione stessa, che ha definito come «un ottimo strumento per armonizzare le leggi e le politiche di accompagnamento». Gli esperti però hanno espresso anche alcune preoccupazioni, a cominciare dalle differenze regionali che si riscontrano in Italia e dalla disparità di accesso delle persone con disabilità ai servizi a seconda del luogo in cui vivevano. Essi hanno sottolineato la necessità di nominare una persona di riferimento per i diritti delle persone con disabilità in ogni regione, con il compito di monitorare la parità di trattamento in tutta la nazione.
L’Italia ha una posizione unica in termini di educazione inclusiva perché ha da decenni un sistema di istruzione inclusivo; non ci servirebbe molto, dicono gli esperti della CRPD, perché l’Italia possa diventare davvero un paese modello per l’educazione inclusiva. Tuttavia è necessario ancora fare «un cambio di paradigma, in modo che le persone con disabilità siano considerate come persone uguali nella società e non un peso o qualcuno che drena risorse del welfare state».
Gli esperti hanno poi invitato l’Italia a raccogliere dati e produrre statistiche come base per le politiche di intervento e di sostegno precoce per i bambini con disabilità e per dimostrare come sono stati rimossi gli ostacoli alla partecipazione delle persone con disabilità. Diane Kingston, che firmerà la relazione sull’Italia, ha esortato l’Italia a rivedere il suo sistema degli amministratore di sostegno in particolare per facilitare una decision-making indipendente da parte delle persone con disabilità e a riconoscere la lingua dei segni.