Redazione MBnews

Sente grazie all’impianto cocleare e da quando ha 12 anni vede solo ombreFrancesca Donnarumma, classe 1993 e residente a Mezzago, è una vera forza della natura. Affetta da sindrome di Usher, una rara patologia che con il tempo causa la sordocecità, si è laureata in giurisprudenza a Milano e ora si sta preparando per sostenere il concorso di magistratura. La sua è una storia di rinascita, forza, coraggio e tanta determinazione. Francesca ha inviato una lettera all’Ospedale di Vimercate per ringraziare chi in questi anni si è preso cura di lei, e per raccontare la sua esperienza di vita, nella speranza di poter essere di supporto a qualcuno che sta vivendo le sue stesse difficoltà.

Alla direzione dell’Ospedale Nuovo di Vimercate,

scrivo per testimoniare nel mio piccolo quanto la vita sia un bene prezioso a prescindere dalle mille e mille difficoltà che ciascuno di noi si trova ad affrontare. Lo faccio, perché credo fermamente che sia doveroso e corretto sensibilizzare raccontando in primis le storie che purtroppo non hanno avuto un lieto fine, ma non di meno è importante sottolineare anche tutte le esperienze, come la mia, che dalla sofferenza e i tanti sacrifici hanno avuto un risvolto positivo.

Non ho assolutamente la presunzione di giudicare, non lo farei mai per nulla al mondo. Scrivo questa lettera, infatti, con l’unico fine di dar voce a una delle tante storie, con la speranza che dal mio esempio altri possano trovare fonte di coraggio.

Io sono Francesca Donnarumma, classe 1993 e residente a Mezzago, un piccolo paese brianzolo. Alla nascita non ero né cieca né sorda, anzi potevo benissimo definirmi una bambina come tutte le altre, vivace e spensierata. Tutto però cominciò poco più tardi, quando sopraggiunse a tre anni la prima della serie delle prove che ho dovuto accettare e superare con tanta determinazione: l’ipoacusia grave. Fu così che diventai amica dei miei inseparabili apparecchi acustici, che mi hanno permesso di avere una vita il più possibile serena. Andavo a scuola e comunque facevo tutte le attività delle bambine della mia età. Nonostante le difficoltà dell’udito, ho iniziato persino ad appassionarmi alla musica, suono il pianoforte e in quegli anni frequentavo un’accademia di musica

La sfida più dura, ma allo stesso tempo la più importante per la mia crescita interiore, arrivò nel 2005 quando di punto in bianco un giorno iniziai a non vedere più bene. La mia retina cominciò letteralmente a ballare mentre mi trovavo in bicicletta e per me fu uno shock indescrivibile. Non potrei mai dimenticarmi di quel 16 agosto del 2005, perchè è grazie a quel duro colpo che sono diventata la persona che sono oggi. All’epoca ero seguita dall’ospedale Niguarda, ma la malattia non mi fu diagnosticata da loro. Grazie a dei contatti in famiglia riuscimmo subito a prenotare un appuntamento oculistico con il dott. Rattilia il quale mi disse che ero affetta dalla  sindrome di usher, una rara patologia che con il tempo causa la sordocecità. E così è stato anche per me: ho iniziato con una ipovisione che è andata aggravandosi molto velocemente. Ora sono riconosciuta cieca assoluta e vedo solo luci e ombre. Ho imparato il braille che mi permette di leggere e scrivere in autonomia e di comunicare in quasi tutti i modi possibili, specialmente sui social. A livello scolastico ho frequentato il perito aziendale indirizzo informatico presso la scuola superiore Marisa Bellisario di Inzago prima e la facoltà di giurisprudenza all’università Bicocca poi. Mi sono laureata il 14 marzo del 2019 con un voto di 103 ed ora mi sto preparando per sostenere il concorso di magistratura. Confesso che proseguire nelle mie difficoltà non è stato per niente facile, ma proprio il fatto di fare qualcosa che gli altri reputavano quasi impossibile mi ha spronata tantissimo, perché era anche un modo per me di far capire a quelle stesse persone che nella vita tutto è possibile basta volerlo intensamente. Seguivo le lezioni vicino alle casse, registravo tutto e studiavo con le mie cuffie e la mia sintesi vocale. Nel mio percorso universitario agli esami non ho mai voluto sottolineare della mia disabilità e così facendo a volte è stata una vera tortura, ma se tornassi indietro lo rifarei ugualmente. Durante l’ultimo biennio di università e il tirocinio post laurea ho avuto la fortuna di provare ad andare a vivere da sola. Prima ho alloggiato presso la residenza studentesca e poi in un piccolo appartamento preso in affitto. Farlo è stato per me un grande insegnamento, perché mi ha permesso di sperimentare nuove cose e imparare a gestire i miei spazi e la mia quotidianità in modo indipendente.

In tutti questi anni fondamentale è stata in primis la mia famiglia che mi ha sostenuta, supportata in tutto e accompagnata in ogni scelta senza dubitare nemmeno un secondo delle mie capacità. Grazie a loro ho sempre trovato la forza di andare avanti e ancora oggi è così. Se ripenso a come hanno saputo gestire la situazione, mi rendo conto di quanta strada abbiamo percorso insieme, perché sono cresciuta io, ma anche loro con me. Nella sfortuna di una malattia come la sordocecità abbiamo avuto l’occasione di imparare cose inaspettate soprattutto grazie al supporto costante della Lega del filo d’oro, associazione che mi ha seguito fin dall’inizio e con cui da otto anni ormai collaboro in qualità di socia e membro del comitato delle persone sordocieche, un ruolo di responsabilità di cui vado fiera.

Però, a 28 anni compiuti, pensavo di aver superato tutte le sfide a me destinate e invece nel 2021 il fato mi ha fatto ancora una volta uno dei suoi sgambetti. Ero peggiorata nell’udito durante il periodo della pandemia, ma mai avrei pensato che un giorno mi venisse comunicato: “Francesca, devi fare l’impianto cocleare“. Il mio orecchio sinistro non sentiva più e quindi l’intervento era non necessario, di più. Le esperienze passate mi devono aver pur insegnato qualcosa e quindi quest’ultima sfida per me è stata più facile da affrontare o per lo meno mi sentivo più consapevole e sicura, anche perché ero in ottimissime mani.

Ad oggi ho due impianti cocleari e sono felicissima di essere entrata a far parte di questo club. La mia vita è stata stravolta in meglio e siamo ancora all’inizio. Sto facendo la riabilitazione per il secondo impianto, ma sono molto fiduciosa. Per tutto questo dico grazie e sarò riconoscente per sempre al dott. Parmigiani e al suo team di grande professionalità, Mariapia, Sofia e tutti i medici e le infermiere che mi hanno seguita e che ancora mi seguono. Se ho raccontato la mia storia e inviato questa lettera è anche per ringraziare l’ospedale che mi ha vista nascere due volte: la prima quasi 30 anni fa e la seconda un anno fa. Ho ritenuto doveroso scrivere parlando del mio percorso, perché è importante sensibilizzare, diffondere esperienze cosicché altre persone possano beneficiarne a piene mani. Trovo altrettanto importante che tutti coloro che hanno avuto sfortune ma anche fortune grandi come la mia diffondano nel loro piccolo conoscenza. Questi interventi di ultima generazione sono fondamentali e confido tantissimo che si prosegui nella ricerca e nello studio di nuove tecniche. Il nostro ospedale è reputato il fiore all’occhiello in questo campo e desidero tanto che continui ad esserlo in futuro. Se fosse necessario, mi metto a disposizione per qualsiasi cosa. Se posso ricambiare in qualche modo, lo faccio più che volentieri. Grazie per l’attenzione dedicata, grazie per tutto”.

 

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