L’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione dei rischi di catastrofi (UNDRR) ha lanciato lo scorso 14 febbraio un appello agli stati membri per una “piena inclusione delle persone con disabilità e dei loro leader nello sviluppo e nell’attuazione di strategie nazionali e locali di riduzione del rischio di catastrofi“.
di Claudia Balbi
Se si legge il rapporto dell’European Disability Forum scritto a novembre 2021 il dato che emerge è proprio che “Le persone con disabilità sono tra quelle più esposte ai disastri climatici e non e sono raramente coinvolti nelle esercitazioni in emergenza e nei gruppi che prendono decisioni a riguardo”. Questo accade in tutto il mondo, se si pensa, come sottolinea il documento che “Le persone con disabilità rappresentano il 15% della popolazione globale e sono quelle che vengono maggiormente colpite dai disastri e le più escluse dalla preparazione in emergenza, dalle attività di riduzione del rischio e dai processi decisionali”. Ma non è tutto, la ricerca mostra anche che la probabilità di morire in un emergenza per le persone con disabilità salgono da due a quatto volte di più che per il resto della popolazione come dimostrato dal terremoto e dallo tsunami in Giappone nel 2011 e dall’Uragano Katrina negli Stati Uniti del 2005. Nel documento tra i tre casi studio di good practice compare, insieme ad Armenia e Serbia, anche l’Italia. Per capire qual è lo stato dell’arte nel nostro Paese ci siamo quindi rivolti a due realtà di eccellenza che si occupano di soccorso inclusivo ed organizzano esercitazioni rivolte anche alle persone con disabilità concentrandoci in particolar modo sul soccorso in emergenza dei non udenti.
Abili a proteggere
Nel panorama delle realtà che operano per l’inclusività in stato di crisi anche per le persone sorde troviamo Abili a Proteggere un progetto nato dalla collaborazione tra la cooperativa sociale che si chiama Europe consulting onlus e il Dipartimento della Protezione Civile. Una realtà che opera dal 2004 con il Dpc sul tema della disabilità. Da anni lavora ad esempio alla formazione dei volontari che partecipano a campagne nazionali della Protezione Civile come “Io non rischio” dedicata alle buone pratiche di protezione civile sul rischio terremoto, rischio alluvione e rischio maremoto. “Formiamo sull’approccio alla disabilità, anche su quella uditiva, il tema è che non tutti i volontari possono conoscere la Lis, la lingua dei segni. Per questo vengono fornite indicazioni di base per consentire la comunicazione con una persona sorda come: parlare piano scandendo bene le parole, essere ad una distanza di circa un metro e mezzo e di avere il viso ben esposto alla luce” spiega Marina Maccari, referente di Abili a proteggere. Poi nel campo delle allerte meteo, che sono in capo ai sindaci, molti comuni si sono dotati di sistemi di comunicazione multicanale che consentono la diramazione di allerte o criticità sul territorio con modalità che ritengono opportune anche in base al tipo di platea, alle caratteristiche dei propri cittadini e variano dalla telefonata ad un app dedicata. “Mancano però in questo campo delle indicazioni di minima per i territori” sottolineano dal Dipartimento di Protezione Civile che nel realizzare il progetto Abili a proteggere vuole proprio focalizzarsi su questi temi. “L’invito che facciamo alle persone con disabilità è di segnalare le proprie specifiche necessità all’amministrazione comunale in modo che possa raggiungere la persona in caso di emergenza e soccorso” spiega Maccari di Abili a proteggere. Sempre nel campo del soccorso inclusivo è nata Pedius, una start up che consente l’accessibilità dei canali informativi diretti al cittadino in particolare quelli telefonici. Il contact center del Dipartimento di protezione civile a ottobre del 2020 si è dotato di questo servizio, quindi un non udente tramite app può entrare in contatto con un operatore e parlare con lui via messaggio in tempo reale, senza bisogno di ascoltare a voce. “Al momento i contatti di non udenti sono abbastanza pochi, ma nel momento in cui ci dovesse essere una grande emergenza pensiamo che i contatti aumenterebbero” spiegano dal Dipartimento. Tra le esperienze legate all’inclusività delle persone con disabilità uditiva Abili a proteggere ha partecipato anche all’esercitazione internazionale Twist che si è tenuta nel 2013 a Salerno nella quale un modulo era dedicato al soccorso di una persona sorda che non aveva sentito gli allarmi e si trovava all’interno degli uffici comunali del Comune di Amalfi. La persona ha chiesto aiuto tramite l’utilizzo di un’applicazione sul telefono e grazie all’intervento dei vigili del fuoco è stata messa in salvo.
L’osservatorio dei Vigili del Fuoco
L’osservatorio sulla sicurezza e il soccorso alle persone con esigenze speciali, composto da Vigili del fuoco, esperti della materia e rappresentanti delle Associazioni è nato dalla consapevolezza che durante il soccorso si incontrano tante situazioni e siccome l’obiettivo primario dei Vigili del Fuoco è quella della tutela di tutti i cittadini. L’impegno in questo senso inizia dal 2001 quando i Vigili del Fuoco avevano iniziato un percorso dedicato alla sicurezza delle persone con disabilità incentrato nel mondo degli ambienti di lavoro. Poi l’esperienza di emergenze complesse, come i terremoti, ha fatto fare uno scatto in più e nel 2015, con l’introduzione del nuovo Codice di prevenzione incendi, nel quale viene inserito un capitolo dedicato proprio all’obiettivo dell’inclusione in emergenza, nasce l’Osservatorio sulla sicurezza e il soccorso alle persone con esigenze speciali. Uno strumento operativo che affianca la nuova norma scritta per realizzarla e darle completezza. Una realtà composta da tecnici dei Vigili del Fuoco, esperti di mobilità, di inclusione e di sicurezza, della cecità, della sordità e infine dalle associazioni FISH, Federazione Italiana superamento handicap, e FAND, Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità.
Le persone non udenti in emergenza
Per quanto riguarda il tema delle persone non udenti, Zanut spiega che esso è legato a due criticità: “La prima è che spesso non è riconoscibile la persona non udente, a differenza di una persona cieca o sulla sedia a rotelle. Il secondo problema è che noi quando comunichiamo lo facciamo quasi esclusivamente con la voce, specialmente la comunicazione in situazione di emergenza”. Su questo limite l’osservatorio ha costruito dei percorsi: tutti i capi squadra dei Vigili del Fuoco vengono formati su questi temi nei percorsi di accesso al ruolo. Tra le indicazioni date ai Vigili del Fuoco c’è quella di riconoscere la persona attraverso le sue manifestazioni, bisogna imparare a capire chi si ha di fronte, e lo si può fare solo interagendo con essa, il riconoscimento di una persona non udente può avvenire se la persona con cui mi relaziono mi fa capire che è non udente oppure la posso riconoscere guardandola dall’esterno mentre dialoga con qualcun altro, perchè usa la lingua dei segni. Il secondo passo è che bisogna elaborare, una volta che si è capito che una persona non sente, una strategia di comunicazione. In questo caso le modalità sono due: visto che chi non sente può leggere il labiale, i Vigili del fuoco sono stati formati a scandire bene le parole, a non usare terminologie che potrebbero non essere conosciute, non usare termini stranieri, non gridare. La formazione spiega anche come come comportarsi a seconda del contesto: di notte è difficile che la persona non udente legga bene le labbra, per questo il soccorritore dovrà pensare a una geometria di illuminazione che permetta di vedere i movimenti delle labbra. Per questo scopo i Vigili del Fuoco possono usare la torcia. Inoltre i capi squadra vengono formati sulla lingua dei segni: “Abbiamo strutturato dei segni molto semplici come quello per dire “hai bisogno di aiuto?” o “dobbiamo uscire”, segni molto semplici che ci hanno insegnato le persone sorde e abbiamo così costruito un linguaggio semplice e funzionale alla gestione della situazione” spiega Zanut. La formazione delle persone sorde è un tema diverso che ha un taglio sociale: è necessario costruire una cultura della sicurezza che sappia rappresentare le necessità di una persona sorda e di tutte le altre. In questo senso l’osservatorio ha fatto molti incontri con le associazioni e avendo un interprete Lis per comunicare a tutti.
Mancanza di standard di soccorso inclusivo
“Questi però sono tutti episodi, bisogna che poi si faccia un passo in più. Qui nasce un problema sociale che è della comunità ovvero la consapevolezza che quando ci si trova in situazioni critiche o qualcuno ci ha detto come fare altrimenti in quei momenti è difficile che si risolvano le situazioni” spiega Zanut. Il problema è tale che mancano gli strumenti di allerta specifici per i non udenti. Ci sono delle esperienze, ad esempio il codice di prevenzione incendi dice che un sistema di allarme deve avere una due modalità: una visiva e una acustica. Questo nasce dalle esperienze dell’osservatorio parlando con le persone sorde ed è il primo passo che può valere per musei o luoghi di lavoro, il secondo passo è legato a comunicazioni di emergenza in altri contesti ad esempio nelle abitazioni dove non c’è un allarme. In questo caso bisogna pensare a modalità che permettano alle persone non udenti di recepire il segnale come sistemi a vibrazione o visivi o di altro tipo. Ad esempio un brevetto giapponese ha visto un gruppo di scienziati costruire dei sensori di rilevazione di incendio collegati a degli erogatori che spruzzano wasabi. In questo modo le persone si svegliano o reagiscono con degli starnuti al segnale di incendio. La tecnologia, specialmente il mondo della comunicazione degli smartphone propone tanti altre soluzioni, tante modalità di comunicazione multicanale in maniera che ognuno in funzione delle proprie specificità possa ricevere il messaggio di allarme e attuare le modalità giuste per rispondere all’emergenza. “Gli strumenti ci sono, la tecnologia ci dà delle risorse utili, uno smartphone può veicolare messaggi verbali o con la lingua dei segni, ma bisogna trasformarli in strumenti operativi effettivi” prosegue Zanut. Il problema è quindi politico-sociale mancano indicazioni univoche valide per tutti. Il badante è l’altra figura che andrebbe formata alle emergenze e in generale la comunità dato che la maggior parte dei dispersi salvati in emergenza vengono aiutati dai vicini di casa, si parla di “soccorso di vicinato”. E la situazione per i non vedenti non è semplice neanche nel momento in cui devono richiedere aiuto: “Ad oggi non esiste un sistema per le persone sorde per comunicare tramite 112, se una persona sorda è coinvolta in un incendio deve chiamare un altro che chiami il 112″ denuncia Zanut.
Esercitazioni inclusive
L’Osservatorio dei Vigili del fuoco è stato il primo a organizzare un’esercitazione inclusiva nel museo degli Uffizi a Firenze avvenuta nel 2019. “Abbiamo coinvolto delle classi e delle associazioni facendo intervenire persone con varie disabilità, abbiamo cercato di creare una popolazione il più complesso possibile” racconta Zanut. Sono quindi intervenuti la struttura organizzativa del museo e in un secondo momento quella dei vigili del fuoco di Firenze. In seguito all’esercitazione abbiamo fatto un incontro con tutte le persone che hanno parlato di come avrebbero voluto essere salvati.
Tra questi c’erano anche delle persone con sordità che avevano affermato di non essere stati considerati nell’emergenza anche se erano stati salvati. “Questo accade perché la componente psicologica in condizione critica diventa molto importante e noi soccorritori dobbiamo rispondere ai bisogni più reconditi delle persone non solo quelli che sono visibili. Il soccorso si fa restituendo alle persone non solo la vita ma anche sentimenti ed emozioni, ci dimentichiamo che le persone non sono solo carne e ossa ma anche anima, allora entra in gioco il soccorso empatico” conclude Zanut.