La battaglia di una donna sorda, in Tribunale batte la Provincia, che non voleva riconoscere l’handicap

Una sentenza storica, riconosciuta la situazione grave che le crea ostacoli nel lavoro e nella socialità. Ma per gli esperti della Provincia era no: «funziona bene»

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TRENTO. Una donna sorda e coraggiosa – Eleonora Quaglia – contro la Provincia. Una lunga battaglia legale condotta dall’avvocata Valeria Grasso contro il pregiudizio per far ottenere ai sordi i benefici della legge 104.

di Sergio Damiani

Davide contro Golia perché la Provincia, a differenza dal resto d’Italia, mai in passato aveva riconosciuto ad un sordo la condizione di handicap grave.

A scavare una breccia nel muro di ripetuti dinieghi alle richieste di fruire di tre giorni di permesso mensile è stato il ricorso di Eleonora Quaglia, accolto dal giudice del lavoro Giorgio Flaim. Dei risultati di questa causa pilota ora beneficiano gli oltre 300 sordi trentini: la Provincia, infatti, ha iniziato ad accogliere le domande di riconoscimento dell’handicap grave appena il consulente tecnico d’ufficio nella causa ha dato torto a Piazza Dante.

«È stata una bella e grande vittoria – così Brunella Grigolli, presidente Ens (Ente nazionale sordi) commenta la decisione del Tribunale – Sono anni e anni che cercavo di capire il motivo del “non” handicap grave perché mancava la motivazione. Sperando che nel futuro si possa collaborare di più sul “tavolo” per maggiore confronto».

Proprio i ripetuti, e ora possiamo dire non sempre giustificati, dinieghi di riconoscere ai sordi l’handicap con connotazione di gravità, hanno spinto Eleonora Quaglia e l’Ens a “sfidare” la Provincia su terreno della giustizia civile. Non è stata una causa semplice come dimostra la durata e l’esito inizialmente sfavorevole. Nel suo ricorso l’avvocata Grassi ha dovuto descrivere il mondo di una donna affetta da sordità profonda bilaterale acquisita in epoca preverbale.

«Come rilevato anche dal Ctu – sottolinea l’avvocata Grassi – molte attività normali e semplici per un soggetto normoudente della sua stessa età risultino per lei insormontabili». Questo vale per la sfera lavorativa, ma anche per tutti gli aspetti della vita quotidiana. Il consulente ha scritto che «se è vero che la signora risulta autonoma nello svolgimento delle attività comuni della vita quotidiana (vestirsi, pulire, mangiare) della sfera individuale, altrettanto non si può dire per ciò che concerne la sfera sociale e relazionale, che risulta invece severamente limitata. La sordità per definizione annulla il senso dell’udito, dunque limita – se non priva – la persona nella possibilità di interagire compiutamente con l’ambiente circostante».

Sul luogo di lavoro la donna comunica con difficoltà (i colleghi le scrivono delle mail o lasciano dei bigliettini) e di fatto vive una condizione di sostanziale isolamento. «Senza dimenticare che, – ha scritto il Ctu – per quanto la comunicazione avvenga oggi agevolmente tramite modalità telematica (messaggistica istantanea, mail), i rapporti interpersonali (affettivi e non) non possono essere limitati ad una mera comunicazione digitale».

La ricorrente ha poi riferito come ogni attività implicante una comunicazione – banale per qualunque normoudente della sua stessa età – risulti per lei complicata, e talvolta impossibile, senza l’aiuto di un udente che sappia comunicare con lei. Ha portato l’esempio di una telefonata al medico o al centro unico prenotazioni, alla propria banca, a qualsiasi sportello pubblico. Essendo impossibilitata nei contatti telefonici, in assenza dei figli, ella è costretta a scrivere (mail o sms) o a recarsi di persona laddove serve.

La Provincia invece aveva basato il suo diniego sul fatto che la donna è autonoma. «È diplomata – ha replicato il suo avvocato – capace di leggere e scrivere, ha famiglia, guida l’automobile e lavora; conduce dunque una vita “normale”. In altri termini, va tutto bene, o perlomeno questo è ciò che appare dall’esterno: cammina, respira, vive. “Funziona bene” è stato detto negli incontri peritali; ma tali valutazioni non fanno altro che svelare il motivo per cui la sordità viene definita la disabilità invisibile». Argomenti che sono stati accolti dal giudice in una sentenza che per molte persone affette da sordità ha il sapore del riscatto.

 

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