Con l’obbligo delle mascherine la pandemia Covid-19 ha reso ancora più complicata la già difficile vita delle persone sorde.
Un’ulteriore barriera comunicativa che si aggiunge alle altre. Come la (quasi) impossibilità di partecipare alla messa, la scarsa inclusione nella vita delle comunità cristiane, le confessioni sbrigative, la mancanza di sostegno spirituale.
Lo afferma in un’intervista al Sir Luca Lamano, sordo, catechista e ricercatore Cnr.
La moglie di Luca è udente e interprete della lingua dei segni (Lis); per questo “ho sempre avuto la possibilità di accedere alle celebrazioni”, racconta lui, ritenendosi quasi un privilegiato rispetto a tante persone sorde che vanno a messa senza sentirsi coinvolte e che per questo “si stanno allontanando dalla Chiesa”.
In passato Luca ha fatto catechesi per sordi e ha partecipato con suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone disabili della Cei, alla traduzione in Lis dei Vangeli e di diverse preghiere, ad uno studio sulla terminologia liturgica e a diversi sussidi per formare i sacerdoti nei seminari nella lingua dei segni.
Ma, osserva, sono “ancora poche” le chiese “in cui ci sono interpreti o sacerdoti in grado di comunicare con noi”. Oltre alla poca comprensione della messa, la barriera della confessione: “Ancora oggi i preti che non hanno mai avuto a che fare con un sordo non sanno come affrontare la situazione e ti liquidano dicendo: ‘Va’ in pace, Dio ti ama’. Che Dio mi ami – chiosa Luca – è la cosa più importante ma lo so già da me, questa risposta non mi basta. La confessione non è solo un elenco di peccati: io ho bisogno di dialogo, stimolo, consigli; insomma di direzione spirituale”. I sacerdoti “non hanno colpa, andrebbero formati fin dal seminario”, conclude chiedendo per i sordi “uno spazio specifico e una pastorale dedicata”.