L’inclusione sociale delle persone disabili è uno degli obiettivi dell’Unione Europea e anche un dovere prescritto nel nostro ordinamento dalla Costituzione Italiana.
L’art. 3 della carta costituzionale affida, infatti, alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Sullo sfondo di questa protezione normativa si palesa il ritardo italiano nell’adozione del riconoscimento della Lingua dei segni italiana, la cosiddetta LIS, una vera e propria lingua avente una specifica morfologia, nonchè la lingua naturale delle persone sorde che attraverso la sua modalità visivo-gestuale può essere acquisita in modo spontaneo dai bambini sordi con le stesse tappe del linguaggio parlato.
Con una interrogazione, con richiesta di risposta scritta alla Commissione, come previsto dall’articolo 138 del regolamento del Parlamento europeo, gli eurodeputati del gruppo dei Non Iscritti Mario Furore, Daniela Rondinelli, Chiara Gemma, Laura Ferrara, hanno segnalato il mancato riconoscimento della Lingua dei segni italiana, chiedendo, inoltre, quali iniziative concrete la Commissione europea ha intenzione di portare avanti, anche in considerazione della nuova strategia europea per le disabilità, presentata dalla Commissaria Helena Dalli, secondo cui la UE vuole essere d’esempio per i diritti delle persone con disabilità a livello mondiale.
A livello europeo l’importanza della lingua dei segni è stata riconosciuta anche tramite le risoluzioni del Parlamento europeo del 17 giugno 1988 e del 23 novembre 2016. Nell’ordinamento italiano, pur avendo ratificato con legge del 3 marzo 2009 n. 18 la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, che all’articolo 21 prevede espressamente che gli Stati parti accettino e facilitino il ricorso alla lingua dei segni, non è stata ancora riconosciuta formalmente la LIS. Situazione diversa si registra nella quasi totalità delle lingue dei segni europee, che sono già state recepite dai rispettivi Paesi e, addirittura, in Austria, Finlandia e Danimarca sono riconosciute a livello costituzionale.
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