Uno per uno, Lis per tutti!

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Come sapete non sono un amante delle sigle e degli acronimi, soprattutto quando tendono a semplificare e a categorizzare faccende per me ben più complesse, come l’inclusione scolastica per dirne una, che mi è particolarmente cara… Eppure, proprio in questi giorni, c’è un acronimo che si è svincolato dalla massa per far parlare di sé sotto tutto un altro punto di vista, agevolando l’ingresso a territori inesplorati e favorendo nuovi modi di comunicare.

Sto parlando della LIS, acronimo per” Lingua Italiana dei Segni”, il linguaggio visivo-gestuale utilizzato da molte persone non udenti. La LIS, che non è una semplice tecnica ma una vera e propria “lingua naturale”, benché interessi direttamente una relativa minoranza di persone resta una delle più note modalità di comunicazione rivolte a persone con deficit.  Al telegiornale, come al museo, ai convegni, e spesso anche ai concerti, la LIS si palesa da tempo accanto a didascalie, immagini, suoni, così da renderli accessibili a tutti.

Mi piace pensare tuttavia che la “fortuna” della LIS derivi anche da un altro potenziale, che va ben oltre la traduzione: il corpo, il gesto, il non detto che passa nella rappresentazione fisica delle parole pronunciate, con tutto il paesaggio e la rosa di significati che esse racchiudono o che ci spingono a immaginare.

Un “potenziale magico” dunque è quello insito nella LIS, che, ovviamente, non è sfuggito agli artisti, visivi, teatrali e cinematografici, che spesso la utilizzano in operazioni che nulla hanno a che fare con la disabilità, proprio per la sua capacità evocativa, per la sua poesia intrinseca.

La cosa bella è che tutto questo può accadere in ogni momento, in ogni situazione del quotidiano, mentre facciamo la spesa, andiamo al bar, persino a scuola.

Lo sanno bene i ragazzi della 3A dell’Istituto tecnico Oriani di Faenza, che hanno fatto parlare di loro per aver scelto di affiancare all’inglese, al francese, al tedesco, allo spagnolo e così via anche la LIS, per imparare a comunicare sul serio con una compagna di classe non udente e ipovedente.

Con l’aiuto di un’esperta, gli studenti hanno così seguito diverse lezioni che li hanno resi capaci non solo di maneggiare la LIS ma di improvvisare e di metterci del loro anche nella comunicazione con la ragazza. Perché, come per ogni lingua che si rispetti, anche la LIS si impara meglio con la pratica.

La classe ha ricevuto, tra i tanti, i complimenti di Marco Bussetti, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Un riconoscimento doveroso, finalmente, a un esempio di inclusione agita e non solo proclamata.

Che dire, questa è la scuola che mi piace, capace di mescolare le carte, gli strumenti, i linguaggi e le tecniche comunicative, personalizzandole a favore della persona e dell’intero gruppo classe, una scuola capace di creare caos, movimento, fermento intorno a un’idea o a un’esperienza.

Solo così, individuando sempre il “potenziale magico” in quello che incontriamo, si può diventare grandi e acquisire qualche competenza in più.

Complimenti quindi anche agli insegnanti dell’Oriani, che hanno supportato i ragazzi in questa sfida!

E voi, di quale potenziale magico vi considerate madrelingua?

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di Claudio Imprudente

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