L’interprete LIS: alle origini di una professione misconosciuta

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Il Cratilo di Socrate rappresenta la più antica testimonianza del fatto che i sordi si esprimono da sempre in segni.

di Michele Peretti

Gli stessi educatori tra cui l’Abate de l’Epée, Pedro Ponce de León e Tommaso Silvestri hanno affermato di aver appreso i segni proprio dai loro allievi sordi, di averne creati di nuovi e di averli usati come metodo didattico per favorire l’apprendimento delle parole. È chiaro dunque che dove ci sono i sordi, si sviluppano i segni. Si crea una vera e propria lingua che non può rimanere estranea all’influenza del tessuto storico e sociale in cui si inserisce né alla lingua vocale del Paese. Accanto a persone sorde troviamo spesso udenti che fungono da mediatori più o meno abili con i segni.

Inizialmente erano gli stessi familiari o gli educatori udenti che stando quotidianamente a contatto con loro riuscivano a ricoprire il ruolo di “interpreti”. Grazie alle ricerche condotte in Italia nei primi anni Ottanta dal gruppo di Virginia Volterra, l’interprete inizia ad avere una rilevanza diversa, viene inteso per la prima volta come figura professionale. Non più come accompagnatore bensì come ponte tra due canali e codici comunicativi.

L’interprete LIS ha dunque le stesse caratteristiche dell’interprete vocale, nello specifico:

– competenza in due lingue;

– conoscenza di due diverse culture;

– capacità di destreggiarsi da un universo linguistico all’altro.

Eppure l’interprete di Lingua dei Segni si mette a disposizione di persone che, oltre a usare una lingua diversa, hanno una disabilità sensoriale. Tale disabilità non pregiudica in alcun modo gli aspetti cognitivi del sordo, bensì influisce sugli aspetti sociali e comunicativi. Le persone sorde devono posizionarsi in modo da osservare bene chi hanno di fronte, questo comporta che l’interprete adotti tutta una serie di accorgimenti in modo tale da agevolare il contatto con le persone sorde. Essendo una lingua prettamente visiva l’interprete stesso dovrà sempre essere ben visibile ai sordi presenti, sia per quanto riguarda le mani in movimento che per le espressioni del volto altrettanto indispensabili alla corretta fruibilità del messaggio.

L’interprete è tenuto a veicolare inflessioni, emozioni e stile dell’oratore. Sia gli interpreti di lingue segniche che vocali utilizzano le medesime tecniche di traduzione.

 

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