Gli invalidi civili totali con un’età superiore a 60 anni hanno diritto, in presenza dei requisiti sanitari e reddituali, all’erogazione del c.d. incremento al milione anche per i periodi temporali anteriori al 20 luglio 2020.
Lo scorso anno la Corte Costituzionale con la sentenza n. 152 ha sancito il principio secondo il quale il diritto all’incremento al milione di cui all’articolo 38 della legge n. 448/2001 spetta anche agli invalidi civili totali di età compresa tra i 18 e i 60 anni. E non solo, come previsto originariamente, ai soggetti ultra 60enni. L’intervento ha consentito ai soggetti in questione, a determinate condizioni di reddito, di incrementare la misura della pensione di invalidita’ dall’importo di 286 euro mensili fino ad un massimo di 651 euro al mese.
L’indicata maggiorazione è stata riconosciuta dall’articolo 15 del dl n. 104/2020 convertito con legge n. 126/2020 anche ai ciechi civili assoluti, ai sordomuti nonché ai titolari di pensione di inabilità al lavoro. La sentenza, come noto, non ha effetti retroattivi nel senso che le nuove platee beneficiarie non possono ottenere gli arretrati per i periodi anteriori al 20 luglio 2020, data di entrata in vigore del dl n. 104/2020 con il quale il legislatore ha recepito la sentenza sopra richiamata.
E’ utile comunque fare una distinzione anagrafica poiché esiste una categoria di persone che può, invece, chiedere gli arretrati per un periodo massimo di 5 anni. Si tratta, in particolare, dei soggetti (invalidi totali, ciechi civili assoluti, sordomuti titolari di pensione o titolari di pensione di inabilità al lavoro) che al 20 luglio 2020 avevano già superato l’età di 60 anni e che, pertanto, non sono stati riguardati dalla sentenza n. 152/2020. Questi soggetti, infatti, se in possesso dei requisiti reddituali previsti dall’articolo 38 della legge n. 448/2001 avevano già acquisito il diritto alla corresponsione della maggiorazione in discussione dal compimento dei 60 anni e, pertanto, se il beneficio non è stato ancora attribuito d’ufficio dall’INPS possono presentare domanda per il suo riconoscimento e/o per l’erogazione degli arretrati maturati retroattivamente dal raggiungimento dell’indicata età anagrafica nei limiti della prescrizione quinquennale.
In tal caso il diritto agli arretrati della pensione di cui stiamo parlando fa parte della categoria dei “diritti inespressi”, cioè quei diritti che, in assenza di specifica richiesta del titolare, non vengono attribuiti dall’Ente Previdenziale restando, in sostanza, soltanto sulla “carta”.
Nello specifico rientrano in questa situazione i soggetti che rispettano le seguenti condizioni:
1) possesso di un’età anagrafica superiore ad anni 60 alla data del 20 luglio 2020;
2) titolarità di una pensione di invalidità civile totale ai sensi della legge n. 118/1971, della pensione per ciechi civili assoluti o per sordomuti o, ancora, titolaritò di una pensione di inabilità al lavoro (ai sensi della legge n. 222/1984).
3) rispetto dei requisiti reddituali imposti dall’articolo 38 della legge n. 448/2001. In caso di persona celibe il limite di reddito personale è di €. 8.469,63, qualora coniugato invece il limite di reddito è di €. 14.447,42. In questo ultimo caso devono essere rispettati entrambi i limiti, sia quello personale che quello coniugale. E’ importante ricordare che nel calcolo vanno considerati tutti i redditi, anche esenti ai fini irpef; ciò significa che vanno considerati sia l’assegno ordinario contributivo sia quello di invalidità, esclusa invece indennità di accompagnamento.
Nelle ipotesi sopra descritte gli arretrati spettano retroattivamente dal compimento dell’età di 60 anni nei limiti della prescrizione quinquennale. Un esempio può aiutare a comprendere. Si pensi al sig. Giovanni, età 66 anni, celibe, titolare dal 2013 della pensione di invalidità civile senza ulteriori redditi. Alla fine dello scorso anno l’INPS gli ha riconosciuto l’incremento al milione con pagamento degli arretrati dal mese di luglio 2020. Giovanni, tuttavia, ha diritto agli arretrati per gli ultimi cinque anni in quanto il diritto all’aumento gli spettava, nella disciplina previgente l’intervento censore della Consulta, sin dal compimento del 60° anno, un totale di circa 20mila euro.
Articolo a cura dell’Avv. Stefano di Giacomo
Esperto in materia previdenziale ed assistenziale