Sono i quasi tre milioni di invalidi civili (2 milioni 980 mila 799, per la precisione, stando ai dati dell’Inps riferiti al 2016) che, in Italia, percepiscono il cosiddetto assegno di invalidità il cui importo, anche per l’anno in corso, è stato confermato, dalla Direzione centrale delle prestazioni dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, con una circolare del 17 gennaio emanata in attuazione del decreto del ministero dell’Economia del 27 novembre 2016, senza variazioni in 279,47 euro al mese. Meno di 300 euro – che, in teoria, dovrebbero bastare per affitto, bollette, spese ordinarie e vita quotidiana – equivalenti, su una media calcolata in 30 giorni, a poco più di 9 euro al giorno.
«Un importo da fame, nel senso letterale della parola – lo definisce il presidente dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi civili di Bergamo (Anmic), Giovanni Manzoni – sul quale da anni chiediamo invano ai diversi Governi che si sono succeduti a Roma di intervenire. Eppure ci troviamo davanti a uno scandalo nazionale: negli ultimi tempi, abbiamo dovuto pure ingoiare il boccone amaro dei bonus distribuiti, senza troppi distinguo, a destra e a manca. Degli invalidi civili, tuttavia, nessuno ha voluto ricordarsi».
Che la situazione sia drammatica è dimostrato anche dai numeri: nella Bergamasca le persone che, quest’anno, sempre secondo l’Inps, stanno percependo l’assegno sono, in totale, 10 mila 923: si tratta, per più della metà, di invalidi totali (6.871) e, per la rimanente parte, di invalidi parziali (2.519), ciechi (1.260) e sordomuti (273). «Per l’Istat, la soglia di povertà in Italia è fissata tra un minimo di 552 euro al mese per chi abita in un piccolo Comune nel Mezzogiorno a un massimo di 819 euro mensili per coloro che risiedono in una città metropolitana del Settentrione. I nostri invalidi sono al di sotto di questi limiti», anche sommando assegno di invalidità ed eventuale indennità di accompagnamento, sottolinea Manzoni.