Legge 104, licenziamento illegittimo per chi si assenta dal lavoro per spese e commissioni

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Illegittimo il licenziamento del lavoratore che fruisca della Legge 104 e che utilizzi i permessi retribuiti per svolgere faccende funzionali all’assistenza del parente disabile

di Mauro Di Gregorio

Con l’ordinanza n. 22643/2024 la Corte di Cassazione dà risposta a un quesito che interessa chiunque usufruisca della Legge 104 (104/1992): è possibile godere di permessi retribuiti per attività diverse dall’assistenza diretta al familiare disabile? La Corte risponde affermativamente sancendo che il licenziamento è illegittimo se il datore di lavoro lo applica in risposta all’utilizzo di permessi che, sebbene indirettamente, sono tuttavia funzionali all’assistenza come ad esempio il disbrigo di pratiche, commissioni o spese.

Cos’è la Legge 104 e a chi spetta

La Legge 104/1992 in Italia, conosciuta comunemente come Legge 104, è una normativa che regola l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità. La norma si rivolge a persone con disabilità, definite dall’art. 3 del testo, e ai familiari che prestano loro assistenza. È stata concepita per garantire il rispetto della dignità umana e dei diritti di autonomia e inclusione sociale delle persone con disabilità, nonché per sostenere le loro famiglie. La normativa garantisce una serie di benefici ai familiari, fra i quali i principali sono:

  • 2 ore di permesso giornaliero e fino a 3 giorni al mese di permesso retribuito per i lavoratori dipendenti che assistono un familiare con disabilità grave (minorazione fisica, psichica o sensoriale);
  • congedo straordinario retribuito fino a un massimo di 2 anni per i familiari di persone con disabilità grave;
  • possibilità di richiedere trasferimenti o assegnazioni temporanee in sedi lavorative più vicine al domicilio della persona con disabilità;
  • detrazioni fiscali per le spese di assistenza e per l’acquisto di veicoli o altri ausili necessari.

Dubbi di interpretazione

Negli anni è spesso sorto un contrasto fra lavoratori e datori di lavoro in merito ai contorni e ai limiti dell’assistenza da prestare al congiunto disabile: nello specifico, ci si è domandati se l’assistenza dovesse essere esclusivamente di tipo diretto (come le attività correlate alla cura della persona e all’accompagnamento alle visite mediche) o se anche attività indirette fossero tutelate dalla Legge 104 (come uscire per fare la spesa per il familiare).

Il caso e la sentenza

Nel caso portato all’attenzione della Cassazione, il datore di lavoro contestava al dipendente di non avere prestato alcuna assistenza diretta al nonno disabile nei giorni di permesso richiesti. Ed era stato inoltre accertato che il lavoratore non aveva incontrato il parente nelle date indicate al datore di lavoro.

Nel giudicare la situazione, la Cassazione si è riferita al principio stabilito in una precedente sentenza (n. 19580/2019) secondo la quale ricadono nell’assistenza al congiunto anche tutte quelle attività indirette messe in atto nel suo interesse e in sua vece, come ad esempio recarsi all’ufficio postale per sbrigare una commissione. Il nodo della questione non riguarda la presenza, nello stesso luogo e nello stesso momento, di chi presta assistenza e dell’assistito. Riguarda invece il nesso causale tra assenza dal lavoro e assistenza al disabile.

Con la nuova ordinanza n. 22643/2024 la Corte di Cassazione ha giudicato illegittimo il licenziamento a carico del lavoratore che aveva ottenuto dei permessi per svolgere attività indirettamente funzionali alle necessità del parente disabile, come appunto, fare la spesa.

Diverso, naturalmente, il caso in cui sia accertato l’abuso dei permessi derivanti dalla 104: in tal caso il licenziamento in tronco è giustificato.

Redazione Qui Finanza

 

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