Il licenziamento per sopravvenuta disabilità del dipendente deve essere considerato illegittimo, in particolare se il datore di lavoro non ha fatto tutto il possibile per assegnare al lavoratore altre mansioni adeguate alla sua condizione.
Lo ha affermato al Corte di Giustizia UE, con la sentenza del 18 gennaio 2024 nell’ambito della causa C-631/22, facendo riferimento soprattutto alla direttiva del Consiglio Europeo relativa alla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro.
La sentenza sottolinea quanto previsto dall’articolo 5 della direttiva 2000/78/CE datata 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro anche alla luce degli articoli 21 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nonché degli articoli 2 e 27 della Convenzione delle Nazioni Unite:
Deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in conformità della quale il datore di lavoro può porre fine al contratto di lavoro a motivo dell’inidoneità permanente del lavoratore a svolgere i compiti a lui incombenti in forza di tale contratto, causata dal sopravvenire, nel corso del rapporto di lavoro, di una disabilità, senza che tale datore di lavoro debba prima prevedere o mantenere soluzioni ragionevoli al fine di consentire al lavoratore di conservare il posto di lavoro, né dimostrare, eventualmente, che siffatte soluzioni costituirebbero un onere sproporzionato.
L’inidoneità permanente a esercitare la professione non può dunque legittimare la cessazione del contratto di lavoro se l’azienda non prova prima a riassegnare altre mansioni.