SOLIDEA VITALI ROSATI
Pesaro, 10 giugno 2023 – “Quella ragazza è brava, assumiamola”. “Luciano, però ci costa di più”. “Non importa: è giusto. La voglio comunque in squadra con noi”. È andato più o meno così il veloce scambio di idee tra Luciano Amadori, patron della Centroservice, azienda pesarese specializzata nel dare soluzioni per l’industria della cucina, e Nicola Giacomini, responsabile in azienda per la sicurezza negli ambienti di lavoro.
La ragazza che poi è stata assunta, è Simona Ionescu, 30 anni, sorda dalla nascita. Proprio la sordità ha rappresentato, al momento di assumerla, la presa di coscienza che per garantire la sua sicurezza, l’ azienda avrebbe avuto oneri da assolvere: avrebbe dovuto cablare 12mila metri quadrati di fabbrica con segnali luminosi che potessero indicare alla ragazza le vie di fuga in caso di incendio o altro rischio, e non solo.
In capo all’azienda, infatti, c’è l’obbligo di nominare un tutor che in caso di rischi si preoccupi che Simona sia allertata e sia nelle condizioni di non subire danni. E in ultimo si crea l’esigenza di fare formazione al tutor e se possibile anche agli altri colleghi di Simona. “Per me tutto questo è giusto. Non l’ho vissuto come una costrizione – conferma Amadori –. Simona è con noi da 9 anni, ormai: era ed è una risorsa al pari di tutti i miei 80 dipendenti”. Amadori i propri dipendenti li ha selezionati, uno ad uno. Perfino il figlio Luca prima di entrare nel management è stato messo alla prova, passando le estati, in produzione e imballaggio.
“Di 80 dipendenti, la gran parte sono donne: nel tipo di lavoro che facciamo ci vuole anche molta precisione. Per avere la concentrazione che serve, la gente deve lavorare serena. “Le racconto un aneddoto – prosegue –. Scade il contratto a una dipendente che di lì a qualche mese avrebbe partorito. Lo stesso giorno della scadenza è venuta negli uffici del personale: pensava che non l’avremmo confermata perché sarebbe dovuta entrare in maternità. Invece abbiamo avviato l’indeterminato. Ricorderò per sempre quel volto titubante rischiarato da un grande sorriso”.
Il lavoro deve sostenere la famiglia non boicottarla. “Ho dipendenti che vogliono bene a questa azienda più di quanto riuscirei a farlo da solo”. Simona è tra queste. “Nel 2015 – dice – ho cominciato a lavorare in fabbrica come operaia. All’inizio è stato molto duro ambientarmi. Pian piano mi sono trovata bene, mi piace e apprezzo il mio lavoro. La sordità non mi impedisce di coprire le mie mansioni. Riesco a fare tutto come una persona normale. L’unico impedimento è l’uso della telefonata per la mancanza di udito. Mia madre è Ucraina, mio padre della Moldavia: per la prima volta, quando sono venuta a Pesaro è stato duro per me perché non conoscevo nessuno. Ora non vorrei trasferirmi più da nessun’altra parte del mondo”. Insomma un mondo a misura di individuo è possibile: basta saper fare squadra.