I datori di lavoro con almeno 15 dipendenti che ricorrono agli ammortizzatori sociali COVID-19 possono sospendere l’osservanza degli obblighi di assunzione di disabili stabiliti dalla legge n. 68/1999? Nel gran numero di norme “partorite” dalla decretazione d’urgenza, nulla è stato detto sull’argomento e non è del resto possibile ritenere che la crisi pandemica che il nostro Paese sta attraversando sia, di per sé, condizione sufficiente per il blocco delle assunzioni. Come deve muoversi allora l’azienda per evitare le pesanti sanzioni previste in caso di inottemperanza alle norme sul collocamento mirato dei disabili?
Molti operatori e datori di lavoro con almeno 15 dipendenti, si chiedono se il ricorso agli ammortizzatori sociali COVID-19 sia sufficiente per sospendere gli obblighi occupazionali previsti dalla legge n. 68/1999: essi motivano tale loro istanza partendo dal presupposto che la crisi pandemica che il nostro Paese sta attraversando dall’inizio dell’anno sia, di per sé, condizione sufficiente per lo “stop” alle assunzioni.
Prima di entrare nel merito della questione mi preme osservare come nel gran numero di norme “partorite” dalla decretazione di urgenza, nulla sia stato detto sull’argomento. Da ciò discende che, necessariamente, occorre riferirsi, alle disposizioni contenute nell’art. 3, comma 5, della legge n. 68/1999.
Collocamento obbligatorio: sospensione degli obblighi
Le ipotesi in cui la sospensione degli obblighi è possibile sono previste, in via tassativa nei seguenti casi.
Intervento integrativo straordinario (CIGS)
La sospensione degli obblighi in tema di collocamento obbligatorio è prevista allorquando viene richiesto un intervento integrativo straordinario (CIGS) per una durata pari a quella dei trattamenti richiesti.
Ricordo che l’intervento è possibile per crisi aziendale o per riorganizzazione (art. 21 del D.L.vo n. 148/2015). La sospensione opera per un periodo pari alla durata dei trattamenti e cessa contestualmente alla fine degli stessi. Nei successivi 60 giorni il datore di lavoro è tenuto a presentare richiesta di avviamento (nominativo) dei lavoratori da assumere, salvo convenzioni intervenute, ex art. 11 della legge n. 68/1999, con il Servizio disabili competente, finalizzato ad una dilazione cadenzata degli obblighi occupazionali.
Gli obblighi sono sospesi in proporzione all’attività oggetto di sospensione e presentano una valenza limitata al singolo ambito provinciale. In attesa del provvedimento di sospensione il datore di lavoro può presentare istanza telematica al Servizio disabili che, in attesa del provvedimento di CIGS, autorizza la sospensione per un massimo di 3 mesi, rinnovabile una volta soltanto.
Contratto di solidarietà difensivo
La sospensione degli obblighi è prevista anche allorquando viene stipulato con le organizzazioni sindacali un contratto di solidarietà difensivo ex art. 21 del D.L. n. 148/2015. Anche in questo caso la sospensione degli obblighi avviene in proporzione rispetto all’orario “solidaristico” concordato, ha valore fino alla scadenza ed è valido unicamente per l’ambito provinciale ove insiste l’unità produttiva. Per quel che riguarda l’iter procedurale per la sospensione il discorso è identico a quello già fatto per la CIGS.
Procedura collettiva di riduzione di personale
La sospensione degli obblighi è prevista anche quando viene attivata una procedura collettiva di riduzione di personale ex artt. 4 e 24 della legge n. 223/1991, fino a quando dura la procedura sindacale o amministrativa (al massimo, 75 giorni, ridotti alla metà se la stessa riguarda una richiesta aziendale di esuberi fino a 9 dipendenti). Se la procedura si conclude con almeno 5 licenziamenti, la sospensione degli obblighi occupazionali continua a sussistere fino a quando l’ultimo dipendente licenziato, gode del diritto di precedenza alla riassunzione, previsto dall’art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949 (sei mesi dalla data del recesso). Nelle imprese che sono ubicate su più territori provinciali la sospensione opera su tutte le sedi in quanto il Legislatore non l’ha limitata al solo territorio provinciale. Tale indirizzo è stato fatto proprio sia dal Ministero del Lavoro che dalla giurisprudenza di legittimità.
Le ipotesi “amministrative”
In via amministrativa, nel corso degli anni, il Dicastero del Lavoro ha previsto altre due ipotesi che fanno riferimento:
a) Alla sottoscrizione di accordi aziendali ed alla attivazione di procedure di incentivo all’esodo per lavoratori prossimi alla pensione. Ciò lo si ricava dalla circolare n. 22 del 24 settembre 2014 ed è limitata al numero dei lavoratori per i quali è prevista la cessazione del rapporto a seguito della procedura, alla durata di quest’ultima ed al singolo ambito provinciale di attività;
b) Al riconoscimento amministrativo della CIG in deroga, in relazione ad ogni singolo ambito provinciale, con riferimento sia ai lavoratori coinvolti che alla durata della sospensione (Interpello n. 10 del 10 aprile 2012.
Ammortizzatori sociali COVID-19: sospensione degli obblighi occupazionali?
Ora, se questo è il quadro di riferimento, è possibile ipotizzare una sospensione degli obblighi occupazionali per l’utilizzazione degli ammortizzatori sociali COVID-19?
La risposta è, in gran parte, negativa e spiego il perché.
Dal raffronto della normativa, la CIG o l’assegno ordinario del FIS o degli altri Fondi erogati per la pandemia, non possono essere paragonati alle integrazioni salariali straordinarie (mancandone tutti i presupposti e gli elementi di base), né una attività ad orario ridotto ad un contratto di solidarietà. Sono disposizioni diverse che rispondono a criteri precisi e, una interpretazione analogica, non appare possibile, né lo stesso Ministero del Lavoro che, pure avrebbe “voce in capitolo”, ha, finora, detto qualcosa. L’unica strada da percorrere, a meno di un chiaro intervento normativo, è soltanto quella della convenzione prevista dall’art. 11 della legge n. 68/1999 finalizzata alla dilazione degli obblighi occupazionali.
Paradossalmente, diversa, appare la situazione di chi fruisce della Cassa in Deroga: qui l’interpello previsto dall’art. 9 del D.L.vo n. 124/2004 ove l’adeguamento alle indicazioni fornite esclude (comma 2) l’applicazione di sanzioni penali, civili ed amministrative ed al quale ho fatto cenno pocanzi, potrebbe aprire la strada alla sospensione, pur se l’intervento ministeriale aveva quale parametro di riferimento il tempo necessario per realizzare il piano di risanamento aziendale. Si tratterebbe, in ogni caso, di una interpretazione amministrativa “estensiva” che abbisognerebbe, quanto meno, di un nuovo supporto amministrativo.
Diversa è, invece, diversa la situazione di quelle imprese che, per effetto della decretazione di urgenza (da ultimo, l’art. 12, comma 9, del D.L. n. 137/2020), si sono viste sospendere una procedura collettiva di riduzione di personale iniziata prima del 23 febbraio 2020: siccome quella sospensiva è ancora in essere e la procedura di blocco degli avviamenti obbligatori per 75 giorni (o la metà se i dipendenti interessati sono meno di 10) è tuttora vigente perché, il Legislatore ne ha “stoppato” il decorso, si ha motivo di ritenere che in tali aziende, pur se articolate su tutto il territorio nazionale, non possano essere effettuate assunzioni su “input” dei Servizi competenti.
C’è una ulteriore strada che potrebbe essere seguita se, da un punto di vista amministrativo, ci fosse l’avallo del Ministero del Lavoro (cosa della quale dubito fortemente, atteso che il Dicastero è stato, pressochè silente, su tutto ciò che ha riguardato il mondo del lavoro alle prese con il COVID-19) il quale potrebbe riprendere il contenuto dell’interpello n. 10/2012: il comma 11 dell’art. 12 del D.L. n. 137/2020 consente il raggiungimento di accordi collettivi finalizzati a favorire, anche con incentivi all’esodo, la fuoruscita volontaria del personale che aderisce a tali accordi ed al quale viene riconosciuta l’indennità di NASpI, disciplinata, sul punto, dalla circolare n. 111/2020 dell’INPS. Ebbene riprendendo i contenuti del suddetto interpello si potrebbe giungere ad una sospensione parziale degli avviamenti, correlata al numero dei lavoratori per i quali è prevista la cessazione del rapporto.
Sanzioni per le aziende non in regola
Da ultimo, una breve notazione sulle sanzioni amministrative previste per le aziende che non ottemperano agli obblighi occupazionali.
La mancata assunzione del portatore di handicap è punita con una sanzione amministrativa pari a 153,20 euro per ogni giorno lavorativo di ritardo nell’assunzione.
Si tratta di una sanzione “a fattispecie progressiva”, applicata dagli ispettori del lavoro, che decorre dal 61° giorno successivo a quello nel quale è maturato l’obbligo, se non si è presentata richiesta di assunzione agli uffici competenti.
La sanzione è diffidabile ex art. 13 del D.L.vo n. 124/2004 previa presentazione della richiesta di assunzione o della stipula del contratto con il lavoratore disabile. Attraverso l’ottemperanza, la sanzione complessiva viene ridotta ad ¼.