Sembra incredibile, ma collocare una persona affetta da sordità nel mondo del lavoro è pressoché impossibile.
Le cause sono molteplici, riconducibili essenzialmente a una serie di norme e procedure – comunque giuste e che provengono dalla Legge 68 del 1999 – che riguardano la sicurezza dei lavoratori. Chi non è in grado di sentire può infatti essere collocato in poche tipologie di lavoro: magazziniere, bibliotecario o altri lavori impiegatizi che non necessitino dell’udito. Il problema è che oltre a essere poche le tipologie, sono pochi i posti di lavoro garantiti a chi ne ha più bisogno.
“Personalmente sono sempre stato a favore del lavoro e non all’assistenzialismo” spiega Robbi, di AGIRE per il Trentino. “I disabili possono lavorare proprio come fanno tutti, certo con speciali accortezze, che non vanno sottovalutate; tuttavia è molto importante, direi essenziale dare un lavoro a queste persone piuttosto che firmare assegni senza progetti a lungo termine. Bisogna ricordare che la mancanza del lavoro porta ad “ammalarsi dentro”, ancor più a persone affette da disabilità, di una di quelle malattie da cui è difficile uscire: la depressione”.
Un altro problema è che, come sappiamo tutti, dal 2008 la crisi non risparmia nessuno, nemmeno categorie come queste, che dovrebbero essere tutelate e che invece spesso non ricevono nemmeno quello che è loro dovuto per legge. I sordi, tra le varie categorie disabili, sono tra i più penalizzati: lo dicono anche i dati degli ultimi anni, per cui è chiaro che l’avviamento dei sordi al mondo del lavoro rappresenta quasi sempre il fanalino di coda degli avviamenti all’interno del più ampio mondo disabile, che già per natura intrinseca affronta quotidianamente situazioni delicate.
Robbi, che ha a cuore da anni la salute “mentale” di tanta gente disabile che chiede di lavorare, propone un quesito al neo ministro del lavoro Di Maio o al neo ministro per la disabilità, e lo fa da disabile più che da politico: “La riorganizzazione dei Centri per l’impiego calcolerà quei posti di lavoro riservati a persone disabili, dando precedenza a chi è più penalizzato di altri?”
Ma Robbi aggiunge anche: “È una vergogna che molte aziende paghino la penale richiesta dalla legge per non assumere persone disabili; è una vergogna perché le penali sono irrisorie, inutili a contrastare questo fenomeno. È un diritto/dovere sancito dalla Costituzione quello di aiutare gli indigenti e chi ne ha bisogno, e allora perché non provvedere all’aumento di queste penali ai danni delle aziende?”
Uno degli ostacoli maggiori è l’ignoranza in materia di sordità da parte degli udenti, in particolare dei datori di lavoro, che spesso non sanno molto su questa condizione. Quest’ignoranza può talvolta sfociare nella paura, o peggio nell’indifferenza, e così sono sempre meno le candidature di persone sorde prese sul serio da parte delle aziende.
La verità è che le persone affette da sordità non sono né migliori né peggiori di tutte quante le altre: prima di essere sordi, sono persone. La sordità è sì un limite, ma in quanto tale può essere superato, affrontato. Nessuno può essere lasciato indietro, alla mercé di una società che spesso si volta dall’altra parte; ancor peggio se sono le istituzioni a farlo.
È una battaglia culturale, oltre che politica e normativa, che va combattuta fino all’ultimo
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