Pensioni, a fine mese primo tagliando dialogo governo-sindacati

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Primo ‘tagliando’ in vista sul confronto tra governo e sindacati sulle pensioni. Entro fine luglio, al massimo per i primi giorni di agosto, infatti, i tavoli tecnici che si sono riuniti in questo mese per valutare le possibili modifiche da apportare alla riforma delle pensioni, lasceranno il posto ad un ‘vertice’ più propriamente politico tra il ministero del Lavoro, Giuliano Poletti, il Sottosegretario alla presidenza, Tommaso Nannicini e i leader di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Anna Maria Furlan e Carmelo Barbagallo.

L’annuncio del prossimo round è arrivato dal sottosegretario Nannicini per il quale però “il vero punto di caduta sarà da qui a settembre” in prossimità della presentazione della legge di stabilità”.

pensionati_coda_fgSarà quella di fine mese comunque l’occasione per cominciare a misurare la distanza tra esecutivo e parti sociali sulle soluzioni messe a fuoco nei round tecnici di questo mese, dalla flessibilità in uscita ai lavoratori precoci, dagli esodati alla no tax area fino alla previdenza complementare. E probabilmente anche il momento per fare il punto sulle risorse economiche che il governo pensa di investire sul tema nella prossima legge finanziaria e che fin’ora ha tenuto coperte.

L’obiettivo, infatti, come ripete Nannicini, resta quello di “trovare un quadro complessivo più o meno condiviso” e in questo senso, annota, “il confronto sta procedendo bene perché stiamo entrando sui contenuti e quando il dialogo si sviluppa sul dettaglio degli interventi, è sempre uno scambio proficuo”, annota ancora. E la convocazione, seppure al momento informale, soddisfa la Uil che aveva chiesto già dall’avvio dei tavoli un primo pit-stop per metà mese ma trova la Cgil fredda sulla valutazione complessiva della trattativa: “siamo lontani dalla risposta fondamentale che vorremmo”, dice il leader Susanna Camusso guardando alla modifica della legge Fornero sulle pensioni che il governo ha già escluso in partenza.

Ma la Uil al momento valuta positivamente il quadro generale, vertice di fine mese compreso. “Era quello che avevamo richiesto per una valutazione politica delle soluzioni individuate al tavolo tecnico così che, alla ripresa, sapremo la direzione che sta prendendo il confronto”, commenta il segretario generale, Carmelo Barbagallo che sulla trattativa nel suo complesso aggiunge: “ci sono una serie di spunti positivi da approfondire; ormai non siamo più ai titoli ma ai sottotitoli e noi siamo moderatamente soddisfatti. C’è la volontà positiva di affrontare tematiche complesse per cui mi pare che il confronto possa continuare positivamente”.

Bene l’annuncio di convocazione anche per il leader Cgil, “i confronti non possono essere infiniti e indefiniti” dice Susanna Camusso che però sulla valutazione complessiva della trattativa frena: “siamo lontani dalla risposta fondamentale che vorremmo, che è quella di una modifica strutturale della legge pensionistica e di un sistema che permetta di introdurre la flessibilità”.

Intanto il tavolo tecnico tra governo e sindacati andrà avanti. Il menù degli interventi ipotizzati dal governo sta prendendo via via forma, dal ‘bonus’ contributivo, di 4 o 6 mesi, per ogni anno di lavoro tra i 14 ed i 18 anni per consenitire ai lavoratori precoci di andare in pensione con 41 anni di contributi all’ipotizzato ‘rallentamento’ a partire dal 2019 dell’adeguamento automatico all’aumento dell’aspettativa di vita; dalle ricongiunzioni gratuite per tutti i lavoratori con contribuzioni in diverse gestioni alla riduzione strutturale della tassazione sui rendimenti dei fondi pensione, collegati ad un investimento nell’economia reale fino all’Ape, il prestito pensionistico per l’uscita anticipata dal lavoro con oneri differenziati in funzione del motivo per cui si accede alla flessibilità.

Sulla flessibilità in uscita, la strada indicata fino ad ora dal governo resta quella di consentire un pensionamento anticipato attraverso un prestito , ammortizzabile in vent’anni, i cui oneri però sarebbero caricati su soggetti diversi: lavoratori, imprese e Stato riconoscendo apposite detrazioni fiscali per ridurne l’impatto fino ad azzerarlo, in funzione del motivo per il quale si accedere alla flessibilità. In caso di ristrutturazione aziendale che preveda l’uscita di dipendenti, infatti, gli oneri dell’Ape sarebbero sostanzialmente a carico dell’impresa; in caso di dimissioni volontarie, invece verrebbe chiesto un contributo maggiore al lavoratore compensato con una detrazione fiscale modulata in base al reddito; in caso di persone rimaste inoccupate, a poco dalla pensione, l’onerte dell’anticipo potrebbe essere caricato sullo Stato.

Allo studio del governo anche il capitolo lavoratori precoci ai quali consentire il pensionamento anticipato con 41 anni di contributi: sul tavolo l’idea di un bonus contributivo di alcuni mesi (4 o 6) per ogni anno di lavoro tra i 14 ed i 18 anni. Non solo. All’attenzione dei tecnici di palazzo Chigi anche la possibilità di prevedere un ‘rallentamento’ dell’adeguamento automatico dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita. L’ipotesi sul tavolo prevede che dal 2019 l’aggiornamento non scatti più ogni 2 anni ma ad intervalli maggiori, fermi restando però i tetti massimi di anzianità contributiva oltre i quali i requisiti non verrebbero più adeguati.

La misura sarebbe comunque, nelle intenzioni del governo, da circoscrivere a una platea di lavoratori ancora da definire. Sul tavolo infine anche il tema delle ricongiunzioni onerose, da trasformare in gratuite, il capitolo degli esodati con un intervento ‘definitivo’ del problema e la previdenza complementare per una riduzione strutturale della tassazione sui rendimenti dei fondi pensione, collegati ad un investimento nell’economia reale che rilanci le infrastrutture.

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