Roma, la doppia vita social dei 10 operatori arrestati per torture e violenze ai pazienti disabili

Sono tutti agli arresti domiciliari. Il presidente della Croce Rossa: «Tolleranza zero»

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Un polo sanitario d’eccellenza trasformato in una «galleria degli orrori»: è questo il quadro drammatico emerso dalle indagini della procura di Roma sui dieci operatori sanitari del Centro di Educazione Motoria (Cem) della Croce Rossa Italiana. Gli indagati, accusati di tortura, maltrattamenti e violenza sessuale, sono tutti agli arresti domiciliari. L’indagine è partita grazie alla segnalazione di un dipendente che aveva notato un’ecchimosi sull’occhio di una paziente. Il presidente della Croce Rossa Italiana di Roma, Daniele Caruso, ha espresso stupore e condanna per quanto emerso, dichiarando una linea di «tolleranza zero» e confermando che la Croce Rossa si costituirà parte civile nel processo. Al momento, solo un’operatrice è stata licenziata, ovvero la donna al centro del presunto abuso da cui sarebbe partita l’inchiesta. Tuttavia, la narrazione social che facevano gli operatori del loro posto di lavoro stride con le accuse a loro carico.

Chi sono gli operatori

Sono cinque uomini e cinque donne, sia giovani che adulti, gli indagati. La più giovane ha 24 anni, probabilmente da poco specializzata. La più grande ne ha 60. «La mia assistita non ha mai avuto problemi di questo tipo. Conduce una vita comune ed era molto dedita al suo lavoro. Questa vicenda è un fulmine a ciel sereno», ha dichiarato l’avvocata di una delle ragazze indagate. E pare che anche altri indagati, come Carlo I. e Lucrezia R., fossero molto coinvolti nel loro lavoro presso il Centro, ricostruisce la Repubblica. Nei loro profili social appaiono diversi post relativi al loro luogo di lavoro. Post in cui scrivevano orgogliosamente delle loro giornate al centro.

La doppia vita social degli indagati

C’è chi, come Carlo, aveva messo il nome del centro sulla sua bio di Instagram. Oppure chi, come Lucrezia, sui social condivideva diverse foto con le colleghe. In una si legge: «Buon Natale dal Cem». Maria Rosaria, un’altra delle operatrici coinvolte nel caso, pochi mesi fa aveva pubblicato una foto con la divisa rossa: «Quanto tanto amore divertirsi con loro. Non si può descrivere bisogna provarlo». Inoltre, in passato ha condiviso qualche post della Lega sul caso dei bambini di Bibbiano. Ora bisognerà chiarire le responsabilità individuali e sistemiche, e la comunità spera che le misure prese possano prevenire futuri abusi. Nel frattempo, l’ente umanitario e le autorità competenti stanno lavorando per ristabilire fiducia e sicurezza nella struttura.

di Redazione Open Online
di Alba Romano

 

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