di Michela Allegri – Il Mattino
Un’aggressione violenta, che viene descritta dalla vittima per la prima volta. A distanza di più di sei mesi dai fatti Hasib Omerovic è uscito dall’ospedale e, soprattutto, ha spiegato ai pm quello che ricorda della giornata del 25 luglio, quando è precipitato dalla finestra del suo appartamento in via Gerolamo Aleandro, nel corso di un blitz violento dei poliziotti del commissariato Primavalle. Hasib, 36 anni, sordomuto, ha descritto l’aggressione, confermando a grandi linee la versione fornita agli inquirenti dalla sorella Sonita, in casa insieme a lui al momento dell’irruzione. Per questa vicenda sono indagati quattro agenti del commissariato, insieme ad altri due poliziotti – compresa la vicedirigente, poi rimossa – dello stesso distretto.
LA TORTURA
La posizione più pesante è quella di Andrea Pellegrini, finito ai domiciliari poco prima di Natale con l’accusa di tortura. Era entrato a casa degli Omerovic insieme ai colleghi Fabrizio Ferrari, Alessandro Sicuranza e Maria Rosa Natale, indagati insieme a lui per falso in relazione all’annotazione di servizio redatta dopo il controllo, nella quale sarebbero stati omessi i riferimenti alle violenze. Gli altri due colleghi sono invece accusati di depistaggio.
Pellegrini, secondo la ricostruzione della Procura, «senza alcun apparente motivo, colpiva Hasib con due schiaffi nella zona compresa tra il collo ed il viso – si legge nel capo di imputazione – rivolgendo, con fare decisamente alterato, la seguente frase: Non ti azzardare mai più a fare quelle cose, a scattare foto a quella ragazzina».
Il riferimento era a un post su Facebook nel quale una residente di Primavalle accusava Hasib di avere molestato per strada alcune ragazzine. Pellegrini avrebbe poi costretto il 36enne «a sedere su una sedia», legandogli i polsi con un filo della corrente di un ventilatore. Poi, brandendo un coltello da cucina, lo avrebbe minacciato: «Se lo rifai, te lo ficco nel c…». Nella ricostruzione della Squadra Mobile, Hasib, rimasto solo nella stanza, avrebbe aperto la finestra e si sarebbe buttato di sotto. Una versione diversa rispetto a quella fornita inizialmente dalla sorella di Hasib, unica testimone del pestaggio, considerata attendibile nonostante sia affetta da un ritardo mentale.
IL RACCONTO
Sonita aveva raccontato di avere aperto la porta ai poliziotti che, una volta in casa, avrebbero massacrato Il fratello: «L’hanno picchiato». Aveva aggiunto che Hasib era stato colpito con un manico di scopa, che è stato trovato – spezzato – appoggiato vicino a un termosifone divelto. Sonita aveva poi detto che il fratello era stato spinto giù dalla finestra: «Lo hanno preso dai piedi e lo hanno buttato giù».
Una versione che, sul punto, non è stata riscontrata dalla procura, che per il momento ipotizza solo il reato di tortura e non quello – ipotizzato all’inizio delle indagini – di tentato omicidio. Secondo il gip Ezio Damizia, che ha disposto i domiciliari per Pellegrini, il poliziotto «non ha avuto alcuna remora di fronte ad un ragazzo sordomuto e una ragazza con disabilità cognitiva compiendo ripetuti atti violenti, sia sulla persone che sulle cose, così da denotare pervicacia e incapacità di autocontrollo». Pellegrini, durante l’interrogatorio di garanzia, ha invece negato di avere agito in modo violento, respingendo le contestazioni.
Interpretare il racconto di Hasib non è stato facile per gli inquirenti: Omerovic è sordomuto dalla nascita, ma non conosce la lingua dei segni. La sua testimonianza potrebbe però dare una nuova svolta alle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dal pubblico ministero Stefano Luciani.