In aula accusato, testimone, parte lesa e due traduttori della lingua dei segni senza protezione trasparente, per farse capire il labiale hanno dovuto lasciare libero il volto
Monza, 26 maggio 2020 – Processo in presenza e con mascherine a fasi alterne (ma con un ampio distanziamento sociale) perché in aula sbarca una vicenda penale accaduta tra sordi.
Anche in tempi di emergenza coronavirus non era possibile celebrare con il collegamento da remoto l’udienza che si è tenuta ieri al Tribunale. Imputato di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale un sordomuto accusato di avere, durante la festa di Capodanno del 2016 con amici a Carnate, prima aggredito l’allora moglie, anche lei sordomuta e poi i carabinieri intervenuti per sedare la lite.
Al processo erano chiamati l’imputato (con il suo difensore), la parte civile (con il suo legale) e due interpreti della lingua dei segni (una per tradurre cosa si dicevano giudice, pm e avvocati rivolto verso gli ex coniugi e una per tradurre cosa un amico dei contendenti a sua volta sordo, chiamato a testimoniare). Le persone sorde non avevano la mascherina dotata di parte frontale trasparente per leggere il labiale e neanche le due interpreti, quindi hanno dovuto abbassare le mascherine quando si esprimevano nella lingua dei segni. Il processo si è svolto però senza nessun problema grazie a una distanza tra le persone di più di 2 metri.
Alla fine il giudice ha pronunciato la sentenza: condanna a 6 mesi con la sospensione condizionale della pena per l’imputato, con l’accusa di lesioni trasformata in quella meno grave di percosse.
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