GROSSETO. Dal 1989 l’Agfa (Associazione grossetana famiglie audiolesi) si batte al fianco delle famiglie della provincia di Grosseto e di Siena che volevano e vogliono affermare il diritto dei propri figli audiolesi a vivere in piena autonomia e completa integrazione nel tessuto sociale, senza dover ricorrere al “linguaggio dei segni”, che li condannerebbe inevitabilmente ad una vita dipendente da un traduttore/interprete.
Per questo, l’associazione, tramite il suo presidente Stefano Niccoli, ha voluto chiarire la propria posizione rispetto all’iniziativa “Mani cantanti”, organizzata da un insegnante della scuola elementare di via Sicilia. «Si dice che nel coro non ci sono bambini sordi, ma non si spiega il perché – dice il presidente dell’Agfa – La risposta la diamo noi, dati alla mano: perché i 18 bambini ipoacusici che frequentano le scuole della provincia, parlano e cantano senza essere costretti ad utilizzare le mani. Lo dovrebbe sapere l’insegnante, visto che negli ultimi anni la scuola di via Sicilia ha accolto tre bambini». Non risulta quindi alcun bambino nato sordo, i cui genitori abbiano scelto di non intraprendere la via d’integrazione fornita dalla scienza, dalla medicina e dalla tecnologia.
«Non intendiamo giudicare l’evento – dice Niccoli – ma esigiamo chiarezza e una corretta informazione, anche perché aver coinvolto i bambini udenti in questo progetto, significa educarli a una realtà che non rappresenta quella attuale. Oggi un bambino, indipendentemente dal suo grado di sordità, parla e si esprime con il linguaggio orale in lingua italiana e straniera: è doveroso riconoscere il merito di questi risultati agli stessi bambini, alle loro famiglie e a quanti si adoperano per il raggiungimento di tale obbiettivo. Non volendo addentrarsi in disquisizioni sugli enormi interessi nazionali che si potrebbero celare dietro l’atavica e anacronistica lotta per
il riconoscimento della lingua dei segni come lingua ufficiale dei sordi, siamo contrariati dal fatto che passi un messaggio distorto della realtà, che non tiene conto delle nuove possibilità». L’Agfa chiederà un confronto con il dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale sull’iniziativa.
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