Mia figlia Sara è nata a Firenze, dove ci siamo trasferiti con Rita, mia moglie, dalla Puglia per il mio lavoro di infermiere. Durante i nove mesi di gestazione di mia moglie, ero pieno di dubbi: mi chiedevo che tipo di padre sarei stato, come avrei protetto mia figlia, come sarebbe stato il suo futuro.
Quando accarezzavo la pancia di mia moglie Rita, ero curioso di sapere come sarebbe stata il mio fiorellino e alla nascita di Sara ho provato gioia pura e quei dubbi sembravano svaniti. Per poco tempo però.Dopo 7 mesi dal parto, infatti io e Rita ci siamo resi subito conto che c’era qualcosa che non stava andando come immaginavamo. Era una sensazione che non riuscivamo a spiegarci, si trattava, a quell’epoca, solo d’istinto da infermiere, mi dicevo.I dubbi però, con il passare del tempo, iniziarono a divenire enormi, spaventosi.
Così a soli 7 mesi, abbiamo iniziato a sottoporre Sara alle prime visite specialistiche e alle prime cure. Guardavo la mia bambina così piccola e provavo a leggerle negli occhi cosa non stesse funzionando. Avevamo sempre fatto così, ci eravamo sempre capiti senza parlare.Dopo un anno e mezzo ci dissero che Sara era sorda e aveva un ritardo psico-motorio ma nessuno riusciva a spiegarsi il perché.
Aveva solo due anni e non aveva mai sentito la mia voce né quella della sua mamma. E’ stato un colpo durissimo. Non riuscivo neppure a immaginare come dovesse essere stare in quella condizione di assenza di suono. Con Rita decidemmo che avevamo bisogno dell’aiuto della nostra famiglia e quindi ci trasferimmo nuovamente in Puglia, a Ruvo.Abbiamo trascorso tre anni lunghissimi, infiniti, arrovellandoci, interpellando tantissimi medici, provando ad indagare qualunque piccolo dettaglio. Nessuno sapeva dirci qualcosa che spiegasse il perché Sara stesse così. La sindrome di Sara – che in seguito si manifestò anche attraverso ritardi cognitivi e motori, oltre alla totale sordità – era sconosciuta. Tre anni senza una diagnosi medica definitiva e moltissimi medici visitati.
Diverse figure professionali e varie associazioni che ci seguivano avevano insegnato a Sara la CAA pittografica, la comunicazione aumentativa alternata, una serie di immagini in sequenza, ma neppure questa strada sembrava aiutare il mio piccolo fiore a comunicare. Una pena per Sara che viveva tutto questo senza comprenderlo e una pena per me e per Rita che non sapevamo più cosa fare, stretti tra l’impotenza e la rabbia di una condizione che non comprendevamo e nella quale sembrava non ci fosse via d’uscita. Ma non volevamo arrenderci.Ad un certo momento, per fortuna, sul nostro lungo cammino, difficile e insopportabile, abbiamo incontrato la Lega del Filo d’Oro di Molfetta, e li ci hanno consigliato subito di portare Sara ad Osimo per una valutazione al Centro Diagnostico della Lega del Filo d’Oro. Arrivati lì sapevano già tutto di Sara, la conoscevano attraverso i racconti del centro di Molfetta, sapevano ciò che era in grado di fare e dove invece c’erano difficoltà, avevano ben chiaro il suo quadro medico. Un’accoglienza e una professionalità straordinarie che mi fecero tirare un sospiro di sollievo.
Il Centro di Osimo è stato per noi come una lunga sosta da un viaggio che ci aveva sfinito. Avevamo fatto tanta strada senza un’indicazione certa ma finalmente c’era una direzione diversa e molte cose iniziavano a prendere senso. Per prima cosa – nonostante 9 medici su 10 ci avessero scoraggiato – gli otorini della Lega ci consigliarono di sottoporre Sara ad un intervento per l’inserimento di un impianto cocleare per aiutarla a sentire e, a poco a poco, nostra figlia si è abituata ad un mondo di suoni e rumori dove prima c’era stato solo silenzio assoluto.In seguito, sempre alla Lega, ci spiegarono anche che la CAA che Sara aveva imparato era eccessivamente piena di segni e simboli e per questo la mia bambina faticava, per lei era troppo complicata. Così gli specialisti di Osimo, hanno “snellito” questa comunicazione, riducendo i pittogrammi per rispettare i tempi di Sara e qualcosa è subito cambiato!
Sara ha iniziato così un programma di riabilitazione su misura e ora il mio meraviglioso fiore si fa capire da tutti.Oggi Sara ha 15 anni e frequenta la scuola media a Ruvo dove è seguita anche da un’insegnante di sostegno; riesce ad interagire con i suoi compagni di classe ed ha partecipato al corso di catechismo a Molfetta. Qui a Molfetta hanno addirittura fatto la prima comunione con la comunicazione pittografica per tutti i bambini, una scena che io e Rita non dimenticheremo mai perché è stata davvero emozionante. Sara oggi può comunicare con tutti e io come padre mi esalto ogni volta che c’è un piccolo avanzamento, una piccola conquista.Per anni, io e mia moglie ci siamo arrovellati sulla diagnosi, interpellato medici, fatto indagini di ogni tipo, senza mai riuscire a capire che patologia avesse nostra figlia. Ora, abbiamo capito che non è questo l’importante, ma quello che conta è accompagnare nostra figlia verso un percorso di autonomia, si tratta di una vera “traiettoria” verso l’indipendenza. Certo, per Sara, essere autonoma non significherà mai fare tutto da sola, ma piuttosto riuscire ad integrare le sue competenze con quelle degli altri e soprattutto sapere chiedere aiuto.
La mia “ragazza” oggi è molto collaborativa, assimila tutto quello che continuano ad insegnarle in ogni soggiorno ad Osimo e ogni settimana al Centro di Molfetta della “Lega”. Ora, finalmente, quando ci guardiamo negli occhi, riesco a veder brillare anche i suoi. Un regalo bellissimo per noi.
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