Offese al collega sordomuto, due a processo

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SE SUL LUOGO di lavoro ti feriscono con apprezzamenti pesanti, disprezzandoti e facendoti sentire una nullità, la possibilità di rispondere per le rime – almeno quella – ce l’hai. Servirà a poco, in un certo clima e contesto dove gli altri – spesso coalizzati – ce l’hanno con te, ma almeno puoi provare a difenderti

di MIKE SCULLIN

Il pm Maria Rita Pantani

Ma se non ci senti e non puoi parlare perchè sei sordomuto e le parolacce te le dicono dietro le spalle, non hai neanche quella soddisfazione. Accadeva questo, quattro anni fa in un’azienda privata di Reggio, secondo la querela della vittima – 64 anni, reggiano, sposato con figli – e secondo le risultanze di un’inchiesta condotta d’ufficio dal sostituto procuratore Maria Rita Pantani che ha chiesto e ottenuto due settimane fa dal gup Angela Baraldi, al secondo tentativo e scrivendo un ulteriore capo di imputazione, il rinvio a giudizio per stalking di due colleghi di lavoro del querelante, uno di 62 e l’altro di 61 anni.

Era sordomuto, l’impiegato disabile della scrivania a fianco, ma col labiale si arrangiava: e dunque, aveva intuito. Inoltre un altro collega che disapprovava lo ha avvertito. Allora un giorno il disabile si è deciso: ha portato di nascosto un registratore in azienda e ha ‘salvato’ le offese con – pare – il contorno delle risatine dietro di lui. A casa ha fatto sentire il contenuto a una figlia, che glielo ha tradotto. Ce n’era abbastanza per rivolgersi a un avvocato (Piero Fornaciari) e andare per vie legali. Tutti e tre i protagonisti di questa brutta storia dove il limite tra goliardia e prevaricazione è stato, per l’accusa, ampiamente superato, adesso sono in pensione. Il processo comincerà il 17 ottobre.

VICENDA scottante, salita alla ribalta proprio in queste ore mentre infuria la polemica, innescata da ‘Striscia la notizia’ con alcuni fuori onda, sui pesanti epiteti detti da Flavio Insinna in privato nei confronti di alcuni concorrenti di ‘Affari tuoi’, specialmente verso una di loro, a sua insaputa. Insinna si è scusato. Qui il caso è diverso. Se la concorrente valdostana presa di mira dall’attore parlava poco e con la mano davanti alla bocca (di questo la rampognava Insinna), l’impiegato reggiano non parlava per niente. E non sentiva. Tutto per colpa di una grave disabilità.

E infatti, la pm Pantani ha contestato ai due imputati l’aggravante dello stato di inferiorità generato dalla condizione di debolezza della parte civile. Ma nell’iter giudiziario di questa triste storia si innesta un’altra questionte tecnica fondamentale e interessante, che facile ritenere sarà argomento della primissima eccezione preliminare all’apertura del processo.

Alla prima udienza preliminare, davanti al gup Giovanni Ghini, la pm d’udienza Isabella Chiesi aveva ritenuto di individuare nella vicenda non lo stalking (atti persecutori) contestato dalla collega Pantani nella richiesta di rinvio a giudizio, bensì le ingiurie. Dunque, un reato ben più leggero, che Ghini fece andare dal giudice di pace. L’anno dopo, nel 2014, all’udienza il giudice di pace ha preso atto che nel frattempo il reato di ingiurie era stato depenalizzato. E dunque i due imputati – difesi dall’avvocato Roberto Sutich – erano usciti da questa vicenda senza alcuna conseguenza.

Quando il sostituto procuratore Pantani lo ha saputo, ha riaperto il fascicolo, sentito di nuovo la vittima, e contestato agli indagati fatti successivi al precedente capo di imputazione. E ha riproposto, in coerenza con quanto affermato in precedenza, il reato di stalking che il codice penale, se c’è quell’aggravante, punisce in linea di principio con una pena da nove mesi a sette anni e mezzo.

Con memoria scritta e poi durante l’udienza preliminare, l’avvocato Sutich ha molto insistito sul «ne bis in idem», ossia su un caso di chiamata del giudice a giudicare su un fatto già giudicato una prima volta: per il difensore, non c’è nulla di nuovo nella seconda richiesta di processo a carico dei suoi assistiti, e il periodo spostato di solo un mese. E quindi ha chiesto il non luogo a procedere. Ma la dottoressa Baraldi ha affidato il compito di decidere al tribunale, anzichè chiudere la partita

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