Felice Pulici: un numero uno anche per gli amici e atleti sordi

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ROMA – Secondo fondamentale appuntamento per il volume enciclopedico edito dalla collana Lazialità e dedicato a Felice Pulici. E se il primo era stato dedicato alla figura del campione, al suo carisma in campo (leggi qui l’articolo), il secondo è stato quasi interamente pensato per l’uomo, la sua sensibilità, il suo impegno per lo sport nei diversamente abili

Il luogo non poteva che essere l’Istituto Statale per Sordi di Roma, i suoi nuovi amici, gli atleti per cui aveva speso gli ultimi anni di vita, lavorando per dare dignità alla federazione e riuscendo ad elevarla tra gli altri team speciali di rango

Davanti a tanti giovani e meno giovani della federazione, che hanno usufruito della traduzione degli interventi in linguaggio Lis, Guido De Angelis ha raccontato per qualche minuto il libro, passando la parola ai tanti protagonisti, tra questi i compagni di squadra Wilson e Oddi, l’autore del libro “Per sempre Felice” Emanuele Foglia e il figlio Gabriele Pulici

L’emozione diventa palpabile quando iniziano ad intervenire i padroni di casa, partendo da Fabio Gelsomini, Segretario Generale della FSSI: “La prima domanda di chi entrava qui era ‘Che squadra tifi…’ ma chiunque lo abbia incrociato ha conosciuto la sua umanità. In federazione ha fatto di tutto, senza mai formalizzarsi su ruoli e responsabilità e sempre come se stesse giocando la partita del 12 maggio 1974 (quella del primo scudetto della Lazio ma anche il giorno in cui nacque il figlio Gabriele, ndr). Mi ritrascinò in Federazione nonostante avessi il contratto scaduto e lui mi disse ‘E che per lavorare c’è bisogno del contratto?’ Non gli si poteva dire di no – conclude Fabio -:  lui ha gettato le basi per portare questa federazione tra le prime paraolimpiche. Era rispettato da tutti, non solo dagli amici, cosa facile, ma anche dagli avversari. Tutti qui lo conoscono. .. nonostante le lavate di testa e gli shampoo da cui non si è salvato nessuno, ma era un attimo, subito dopo era di nuovo un amico”.

A raccontare i primi passi in Federazione è stata Ida Collu, ex-presidentessa dell’Ente Nazionale Sordi, che ha salutato sottolineando che non avrebbe sentito la sua voce, proseguendo con la lingua dei segni, amatissima da Pulici, tradotta per gli altri. “Felice ha usato il mondo che conosceva meglio per raccontare lo sport dei silenziosi. Per noi è stato uno stimolo per entrare nella società – ha precisato -: c’è stato un momento difficile per noi, quando tempo fa il Coni prese decisioni contrarie, fortunamente, nel frattempo, il Cip, comitato italiano paraolimpico, avviava l’impegno e salvava la federazione, oggi un vanto per il Paese. C’era il progetto e serviva una guida, e ci fecero il nome di Pulici. Venne a conoscerci e si incuriosì,accettando la sfida e provando. Fu un cammino difficile e di rigore, che lui pretendeva; un po’ alla volta conquistò tanti atleti silenziosi, mentre altri non accettavano le sue regole, ma andammo avanti. La Federazione è cresciuta molto con lui, nonostante il carattere non flessibile era molto amato, perché credeva nello sport e nell’integrazione degli atleti. L’ho conosciuto come persona, un grande che ha amato il disabile che gli altri non vedono, tanti restano indifferenti a questo mondo, lui no”.

Un racconto emozionante, proseguito con l’intervento di Guido Zanecchia, presidente della FSSI, anche lui in lingua dei segni: “Con Felice, che si faceva chiamare Mosè e io per mesi pensavo scherzasse senza sapere che era veramente il suo nome, ho un’inifiità di ricordi, tanti ripetuti fino alla sfinimento, come avveniva ad ogni compleanno che si trasformava nel suo racconto del 12 maggio 1974, con lo scudetto e la nascita di suo figlio. A settembre seppe che sarebbe diventato socio onorario, cerimonia che avverrà il 25 maggio 2019, purtroppo alla memoria. Ci rispose con gioia dicendo che nonostante le due vittorie sul campo, le soddisfazioni avute con noi erano addirittura state maggiori”.

E’ un fiume in piena il presidente, che per 10 anni ha condiviso il lavoro con Pulici, vedendolo lottare per far crescere la Federazione, arrivando ad imparare il linguaggio dei segni. “Lavorava dalle 10 di mattina fino le 19 di sera, senza fermarsi e ci incollava tutti; ogni mattina arrivava arrabbiato e ci vomitava parole addosso, lamentando la nostra scarsa organizzazione, poi pranzava alla scrivania, sbucciando una mela e mangiando un panino, e la sera usciva felice. Non cercava gloria, non voleva andare in giro a fare rappresentanza, lui voleva lavorare. Ci ha lasciato anche il logo che è  sulle nostre medaglie, lo ha disegnato lui”.

Un racconto di vita colto al volo da Gelsomini che salutando ha ricordato gli ultimi giorni: “Quando lasciò per motivi di salute mi portò al suo pc, mi diede la password, che era paola1 (il nome della moglie, presente in sala, ndr) e tutti i documenti di 10 anni di lavoro, senza alcuna gelosia. Grazie alla famiglia per il pezzetto di Felice che ci avete dato”.

I saluti finali di Gabriele Pulici, che molto commosso ringrazia Enzo Lo Iaconi, anche lui in sala, il medico (romanista) che lo ha operato al cuore nel 2002,  dandogli ancora 16 anni di vita, saluto ricambiato dal dottore, che li ha ringraziati per l’onore di aver conosciuto l’uomo Felice, che tanti dolori gli diede come calciatore.

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