La relazione sul quinquennio 2012-2017: “A scuola gli studenti con bisogni sono il 2,9 per cento, un record. “Praticamente raddoppiati in tutte le regioni”. I docenti dedicati sono 154 mila, il costo per lo Stato pari a 5,1 miliardi di euro. I numeri dell’Abruzzo e le 225 sentenze in Sicilia che hanno assegnato più ore
ROMA – La Corte dei conti affonda la scuola italiana sul suo aspetto più delicato: il sostegno. Ieri l’organismo di controllo contabile ha reso pubblica la sua relazione “Gli interventi per la didattica a favore degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali”. Considera il quinquennio 2012-2017 e si spinge, in alcuni casi, dentro l’anno scolastico appena concluso. Spiega il lavoro: il sistema “disabilità scolastica” costa 5,1 miliardi di euro l’anno. Quattro miliardi servono solo per pagare gli stipendi ai docenti specializzati. Bene, nelle considerazioni finali la Corte dei conti scrive: “La coesistenza sul tema di scuola, enti locali e servizi sanitari ha mostrato la farraginosità dell’impianto, la genericità delle intese e un’estrema frammentarietà degli interventi”. Un’estrema frammentarietà degli interventi, sì. Che ricasca sugli studenti, le loro famiglie. Si manifestano, poi, “carenze in tema di dati e indicatori sulla qualità dell’istruzione e dell’inclusione degli studenti con disabilità”. Nel dettaglio: sono pochi gli interpreti della lingua dei segni per bambini sordi, limitati il materiale didattico e le tecnologie di ausilio.
Nelle 129 pagine scritte dal relatore Leonardo Venturini si trovano, enucleati in testa, i sei punti del ritardo italiano sulla questione. Sono: l’inadeguatezza di una pianificazione delle risorse per l’integrazione a livello centrale, la si definisce addirittura “un’incapacità previsionale dell’amministrazione”, quindi la rigidità delle procedure operative, la debolezza esecutiva degli strumenti di coordinamento fra le diverse istituzioni, “un intreccio non virtuoso”. E poi i ritardi nell’erogazione delle risorse alle scuole, la mancanza di informazioni ispirate all’evidenza statistica dei dati, cosa che va di pari passo con “la carenza nell’attività di valutazione dell’efficacia delle prassi di integrazione e inclusione”. Infine, “l’incertezza ed episodicità delle risorse finanziarie dedicate”. Un disastro amministrativo, ecco.
All’interno del ministero dell’Istruzione – seguendo i ragionamenti della Corte dei conti – si allarga una babele di uffici non dialoganti “articolata in una molteplicità di strutture operanti” nelle diverse direzioni generali, a cui si aggiungono, sul territorio, gli Uffici scolastici regionali “che svolgono analoghe funzioni”. Un raddoppio di strutture per gli stessi compiti. La magistratura sottolinea – cosa che, d’altro canto, si può applicare a tutto ciò che riguarda il Miur – “la difficoltà incontrata nell’ottenere le informazioni sia sulla dimensione della disabilità presente nella scuola sia sugli elementi finanziari e gestionali”. Di più, “è lontana la realizzazione di un sistema integrato di fonti informative” e, il commento porta avanti l’accusa, “le omissioni del ministero si prestano a rilevanti stigmatizzazioni”.
Gran parte dei soldi prima erogati dallo Stato, a causa delle spending review che si sono succedute a partire dal 2012, sono diventate “risorse non aventi natura obbligatoria” con ricadute “sulla tenuta dell’intero sistema educativo”. Scrive la Corte dei conti: “Una concreta integrazione passa attraverso l’assegnazione di finanziamenti certi e continui”.
Un nodo critico cruciale nelle politiche scolastiche di sostegno, sottolinea il relatore Venturini, è l’accelerata mobilità del personale docente, di sostegno e no. Si tratta di un fattore che non favorisce l’integrazione, “talché sarebbe necessario individuare soluzioni organizzative che agevolino la continuità didattica per l’alunno diversamente abile”. La Riforma Faraone del 2017 ha cercato di porre un freno alle specializzazioni sul sostegno prese dai docenti solo per ottenere punti di carriera che consentono di avere prima una cattedra.
Gli alunni diversamente abili sono passati dal 2,3 per cento dell’anno scolastico 2011-2012 al 2,9 per cento del 2016-2017. Una crescita di un quarto in cinque anni. In Calabria, alle elementari, il 4,46 per cento sul totale ha bisogno di aiuto. E così il 4,74 per cento in Abruzzo alle medie e, sempre in Abruzzo, il 3,66 nelle superiori. Ecco, la distribuzione territoriale. Nella scuola dell’infanzia e nelle superiori la maggiore concentrazione di alunni diversamente abili è in Centro Italia, nella scuola primaria si registra nel Meridione, nelle medie al Nord. In generale, negli ultimi cinque anni la disabilità nell’infanzia (3-6 anni) è raddoppiata in termini percentuali in tutte le regioni.
Dai dati Istat emerge che l’8,5 per cento delle famiglie di alunni con bisogni (scuola primaria) ha presentato un ricorso al tribunale civile o amministrativo per avere un maggiore numero di ore di sostegno. Nel Mezzogiorno la quota di famiglie che si è rivolta alla magistratura è decisamente più alta. Nel 2016-2017 – questi sono dati diretti Miur – ci sono state 24 sentenze sul tema in Campania, 30 sentenze e 12 ordinanze in Lombardia, ben 228 sentenze e 175 ordinanze in Sicilia con un ripristino, qui, di 2.292 ore di sostegno. Solo in Campania, va considerato, nel 2015 c’erano 1.008 alunni ospedalizzati.
A fronte di un tema – l’handicap a scuola – che è stato affrontato per la prima volta nel 1975 sotto la ministra Franca Falcucci, l’ultimo monitoraggio (17 marzo 2018) ha fatto emergere che i numeri del personale docente per il sostegno sono sempre cresciuti passando da quota 110.216 nel 2014 ai 154.432 dell’ultima stagione (un terzo sono insegnanti in deroga). Il tetto di un docente in deroga ogni 138 alunni è stato a lungo non rispettato e alla fine abolito. Il problema è che sono cresciute anche le certificazioni di disabilità raggiungendo nel 2016 la cifra di 254.366. Ognuna di queste comporta una spesa media di 33 mila euro anno: 5,1 miliardi il totale, appunto. “Il fenomeno è da tenere sotto osservazione”, dice la Corte dei conti, “attraverso un continuo monitoraggio dei posti di sostegno in deroga e la crescita di un sistema di verifica”. A proposito del sempre contestato rapporto tra sostegno e medicalità, si legge: “La presenza di un legame tra disabilità e accertamento medico-legale non è in linea con quello espresso dalla Convenzione Onu e la certificazione del deficit continua ad essere un’attestazione di natura medica”. Non scolastica.
E’ interessante notare come ancora nel 2016 i docenti laureati sul sostegno fossero quasi 56 mila, i diplomati oltre 68 mila. E come, nelle ultime stagioni, il Miur abbia ripristinato l’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica