“Disabile”: aggettivo: non abile; affetto da una minoranza fisica; handicappato; sostantivo maschile e femminile: persona che presenta una qualche minoranza fisica. Questo dice ill vocabolario. I titoli dei giornali scrivono: “Tragedia nel Napoletano: disabile uccide la madre con un colpo di fucile, poi si barrica in casa”. Che cosa pensa uno che legge il titolo? Un tizio in sedia a rotelle, uno senza un braccio, un sordomuto, probabilmente.
Nell’articolo si legge invece: “A Qualiano, paese in provincia di Napoli, un uomo, Pasquale De Falco di 37 anni si è barricato in casa per 9 ore dopo aver tolto la vita a Teresa Licciaridiello, di 67 anni. Dopo trattative lunghissime dei carabinieri con De Falco, che soffre da tempo di problemi psichici (…). Ah, problemi psichici. Wikipedia ne annovera dozzine di casi, riconducibili a “disturbi mentali”: “In psicologia e psichiatria un disturbo, o disordine, psichico o mentale (in inglese: mental disorder) è una condizione patologica che colpisce la sfera comportamentale, relazionale,cognitiva o affettiva di una persona in modo disadattativo, vale a dire sufficientemente forte da rendere problematica la sua integrazione socio-lavorativa e/o causargli una sofferenza personale soggettiva”. Non un disabile dunque. Ma perché il giornale ha usato quella parola nel titolo? Per ignoranza del titolista o piuttosto per nascondere una realtà, tragica e purtroppo che si ripete quasi ogni giorno (le volte che se ne parla, naturalmente)? Propendiamo per la seconda.
Quest’anno si “festeggiano” i 40 anni dall’entrata in vigore della legge Basaglia, quella che, per intendersi, ha fatto chiudere i manicomi. Luoghi orribili, dove i malati mentali erano quasi sempre abbandonati a se stessi, maltrattati, dimenticati. In realtà la legge durò pochi mesi (si pensò anche a fare un referendum popolare), poi entrò in vigore il Servizio Sanitario Nazionale. Il concetto, giusto sulla carta, di Basaglia, era porre fine all’internamento obbligatorio: “Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi adesso abbiamo provato che si può fare diversamente, ora sappiamo che c’è un altro modo di affrontare la questione; anche senza la costrizione”. Oggi il ricovero coatto ha una durata massima di tre mesi. Il paziente può poi rifiutare qualunque forma di cura, se maggiorenne.
LEGGE BASAGLIA, COSA È CAMBIATO DOPO LA CHIUSURA DEI MANICOMI?
Tutto molto bello. Peccato che la chiusura dei manicomi non ha comportato nessuna seria alternativa da parte dello Stato. Esistono i centri di igiene mentale, dove dozzine di casi vengono affrontati da un unico psichiatra assistito di malavoglia da infermieri sotto pagati, dove il malato si reca a prendere la sua dose di pillole per poi tornarsene a casa. Dove vive in solitudine o quasi sempre assistito dai familiari. Peccato che i disturbi mentali nascano sempre proprio nell’ambiente familiare. per un malsano rapporto dei genitori verso i figli., genitori già a loro volta sofferenti di disturbi mentali mai percepiti o mai affrontati. Per vergogna, soprattutto, perché della malattia mentale ci si vergogna, ci si sente inferiori alle persone “normali”. Ed è così che il “disabile” di turno come nell’articolo di cui si faceva cenno, ammazza la madre.
Da pochi, pochissimi anni, grazie all’intraprendenza di privati che hanno a cuore queste persone, sono nati centri di accoglienza, vere e proprie comunità dove il malato può essere ricoverato con assistenza 24h/7 da personale specializzato e allontanato così dalla causa del suo male. Sono poche, pochissime e nonostante le convenzioni con le regioni, spesso costano spesso cifre proibitive, si può arrivare anche a 3mila euro al mese e non stiamo parlando di hotel a cinque stelle. Poi esistono leggi assurde, come quella della Regione Lombardia, che obbliga ogni 3 anni il paziente a cambiare comunità. Nessun medico sa spiegarsi il perché, se non con confuse ragioni burocratiche legate alla spesa sanitaria. Per un malato di mente abituarsi a un nuovo posto dove vivere è una impresa durissima, ma di questo la Lombardia non tiene conto, trattandoli come pacchi postali.
LA CURA DEL DISAGIO MENTALE
Si può ancora festeggiare la legge Basaglia come fanno tutti senza dire queste cose? Quando la legge 180 è stata approvata, i “pazzi” si sono trovati nella condizione di trovarsi soli in un mondo che non conoscevano e soprattutto all’interno di una società culturalmente non pronta ad accoglierli e che non lo è ancora oggi. Sono due milioni ogni anno le persone che in Italia si ammalano in maniera grave a livello psichiatrico. Poi ce ne sono migliaia che soffrono di depressione e ansia in maniera tale da portarli spesso al suicidio. Nel 2015 il ministero della salute ha finalmente realizzato per la prima volta una mappatura dei malati, del personale medico e degli assistenti sociali: è un rapporto totalmente deficitario. I Centri di Salute Mentale, i centri diurni e le strutture residenziali, sono 3.791 strutture in cui lavorano 29.260 dipendenti (57,7 ogni 100 mila abitanti). Per fortuna esiste il volontariato che come sempre corre a tappare per quanto può le falle dello stato, diverse associazioni che si prendono cura dei malati psichici. Ci sono compagnie teatrali, corsi di disegno, chi organizza gite, dei lavoretti, c’è il tentativo di adoperarsi perché impegni di questo tipo portino le persone a guardarsi dentro e tentativamente abbandonare i fantasmi che vivono a loro interno, almeno per un po’.
E’ facile occuparsi di malattie fisiche, basta un buon chirurgo, qualche farmaco. E’ difficilissimo occuparsi di un malato mentale, perché sfugge a ogni definizione e per questo fa paura. Viene in mente il Dmitrij dei fratelli Karamazov quando si rivolge al fratello Alëša, quello che lui chiama “angelo”: “Ma poi lo sa il diavolo che cosa sia l’uomo, ecco cosa vi dico! Ciò che alla mente sembra ignominia, al cuore può sembrare pura bellezza! In Sodoma c’è bellezza? Credi a me, per la stragrande maggioranza delle persone la bellezza è proprio in Sodoma, lo conoscevi questo segreto? Ciò che fa paura è che la bellezza non sia soltanto spaventosa ma anche misteriosa. Qui il diavolo combatte con Dio e il campo di battaglia è il cuore dell’uomo”. Chi è consapevole di questo, è colui il quale la società definisce “matto”.