In un periodo in cui la crisi divora il reddito dei più e il welfare viene ridotto ai minimi termini, c’è ancora chi se la gode alla faccia degli altri, creando un senso di ingiustizia e bruciando alcuni miliardi di soldi pubblici. Basta dare uno sguardo a quanto scritto da Sergio Rizzo sul Corriere della Sera per averne conferma.
di I. D. Twitter: @IgnazioDess
– Facebook:Il noto giornalista, maestro fustigatore di privilegi e sperperi, fa notare come la distribuzione territoriale delle pensioni di invalidità in Italia sia altamente squilibrata. “Gli assegni pagati in Calabria in proporzione agli abitanti sono – per esempio – almeno il doppio di quelli corrisposti in Emilia-Romagna”. E ciò suggerisce l’esistenza di abusi.
Ma gli stessi numeri pubblicati dall’Inps propongono delle riflessioni
Nel nostro Paese si pagano 2 milioni 980.799 “prestazioni” agli invalidi civili, ovvero pensioni e indennità di accompagnamento, oltre agli assegni per ciechi e sordomuti. Di questi un milione e 335.093 trattamenti riguarderebbero il Sud, circa il 44,8 per cento del totale rispetto al 34,4 per cento della popolazione. In pratica nel Meridione si eroga un assegno ogni 15,6 abitanti, rispetto a uno ogni 23,5 del resto d’Italia. Per avere un altro termine di paragone, se al Sud ci fosse la stessa percentuale del Nord, si conterebbero non più di 890mila pensioni di invalidità. Ce ne sarebbero dunque circa un terzo in più (445 mila).
Lo stesso Rizzo fa notare che non si tratta sempre di abusi, anche perché le condizioni di vita e lavoro nel Sud Italia sono diverse dalle altre regioni e dunque certe differenze potrebbero essere giustificate. Ma non possono esserlo “certi abissi che alimentano il sospetto”. Per dirne una: in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna ci sono 45 pensioni “assistenziali” ogni mille abitanti. In Campania invece se ne contano 84, in Puglia 85, in Sicilia 91, in Sardegna 92 e in Calabria 97.
Un ammortizzatore sociale
Questo a conferma del fatto che nel Mezzogiorno le pensioni di invalidità hanno sempre rappresentato, come dichiarò una volta Clemente Mastella, “una forma di sussidio, il corrispettivo della cassa integrazione del Nord. insomma una forma di ammortizzatore sociale, di distribuzione di reddito assistenziale la cui eliminazione potrebbe creare pericolosi disastri sociali. “Il Sud è una polveriera. Il clima è preinsurrezionale. Stanno togliendo le pensioni di invalidità in modo indiscriminato”, gridano da più parti.
Ma l’allarme non sembra giustificato, considerato che la spesa per le pensioni di invalidità è passata da 8,5 a 15,4 miliardi tra il 2004 e il 2016, e il loro numero è salito da un milione 980mila a quasi 3 milioni, stando al rapporto dell’Inps di Tito Boeri. A incidere soprattutto la crescita delle indennità di accompagnamento, che “contrariamente alle pensioni non vengono erogate in rapporto al reddito”.
Privilegi non dovuti
E allora viene alla mente che spesso quei trattamenti potrebbero essere non dovuti. Una spesa sulle spalle della collettività per pagare il privilegio di alcuni. Del resto qualche anno fa – ricorda Rizzo – Amalia De Simone raccontò sul Corriere.it che “fra i parenti stretti di 30 consiglieri di uno dei municipi di Napoli si potevano contare 60 pensioni di invalidità. Per non citare l’epidemia di cecità che tradizionalmente colpisce la Sicilia, regione che pur contando un dodicesimo circa della popolazione italiana ha un settimo di tutti i non vedenti italiani”. Un po’ troppo davvero.
Eppure negli ultimi anni la magistratura ha condotto indagini capaci di portare a galla tanti abusi, di quelli contemplati dal piano di spending review dell’ex commissario Carlo Cottarelli. Nella sola Campania, nel 2014, si sono scoperte 5.543 irregolarità, seguite dalla revoca di altrettante pensioni. Inutile negare tuttavia che persistono evidentemente ancora sacche difficili da eliminare, specie a causa delle tante e trasversali resistenze politiche