Alba, la storia della psicologa sorda diventata testimonial dell’Inail

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La ricercatrice piemontese si occupa soprattutto dei genitori di ragazzi non udenti. E spiega: “La mia sordità incompatibile con la professione? Tutt’altro…”

di Daniela Giordanengo

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Valentina Foa

“Prima o poi l’amore arriva” è il titolo dell’inchiesta condotta sul numero di febbraio dalla rivista SuperAbile Inail, il periodico consultabile sia online sia in formato cartaceo, curato dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Incidenti sul Lavoro. In questo quadro a più voci, fatto di studi, opinioni e testimonianze che ruotano attorno alla disabilità, si inserisce l’intervista alla piemontese Valentina Foa, psicologa, ricercatrice e consulente in sessuologia. Valentina Foa è sorda dalla nascita il che “non è un problema di per sé – spiega – il problema sono l’accessibilità sociale e i relativi costi”. Infatti, se per un non udente continua a non essere agevole acquisire certi gradi di istruzione, il percorso si fa ancora più in salita per alcuni settori. Quando ha manifestato l’intenzione di voler seguire la carriera da psicologa, che in Italia condivide con una decina di altri professionisti, ha trovato diverse facce stupite.

Quello che dai più viene considerato come un lavoro improntato sull’ascolto, sembra lontano dalla sordità, ma Valentina ha una visione della “psicologia aperta a tutti, soprattutto ai problemi di comunicazione e condivisione” e tira dritto. In una realtà carica di stimoli sonori, ci si deve ricavare il proprio spazio fra risorse spesso scarse, servizi all’osso e limiti evidenti.

Dopo la laurea, 12 anni fa, apre lo studio vicino ad Alba, anche se spesso è lei a spostarsi dai suoi pazienti appoggiandosi a strutture sanitarie e altri studi. Il suo lavoro è diretto a udenti, soprattutto genitori di figli sordi, e non. “Con le persone sorde che non conoscono la lingua dei segni italiana paradossalmente sembra più difficile: possono non essere abituati a muovere le labbra lentamente o non avere mai incontrato altri sordi, ma seduta dopo seduta, arriviamo a capirci”. Con gli udenti fa uso della labiolettura, “a volte va di lusso e incontro persone che già articolano in modo naturale, altrimenti chiedo di muovere le labbra lentamente e spostare poco il capo”. L’idea che “tra sordi ci si capisca meglio” è poco più di un mito: “E’ ovvio che più si conosce la sordità a livello clinico, comunicativo e culturale, più ci si orienta, ma si può conversare anche con persone che hanno un’esperienza sensoriale diversa di stare al mondo”. Per questo non ha senso parlare di “psicologia del sordo”, anche dal punto di vista affettivo: “Il problema più grande sono le generalizzazioni, la difficoltà principale non è data dalla sordità, ma dalla mancanza di comunicazione che può esserci sia nelle coppie di sordi sia in quelle sordi-udenti”.

“La sordità è una disabilità invisibile fino al momento in cui si inizia a comunicare, è questa la nostra fregatura”. Poi vengono le altre, che Valentina Foa affronta con impegno e una buona dose di ironia perché spesso le situazioni si fanno tragicomiche, come racconta dalla sua pagina

Facebook e attraverso un blog. “Nelle situazioni di stress per un non udente diventa molto difficile comunicare e penso ai consultori, ai centri antiviolenza, agli ospedali e a tutte quelle situazioni in cui al disagio di un udente va aggiunta la difficoltà comunicativa di un sordo”. Al momento sono poche le strutture e il personale adeguati ad accogliere persone sorde vittime di abusi e violenze sessuali, di qui una promessa: “Ci stiamo lavorando

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