Chi ha sostenuto le proteste contro l’arresto del sindaco di Istanbul è stato licenziato dalla televisione pubblica
Da qualche settimana in Turchia le proteste iniziate dopo l’arresto di Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul e leader dell’opposizione, si stanno concentrando sul boicottaggio di aziende, media e catene di bar e ristoranti vicini al governo di Recep Tayyip Erdogan. Diverse azioni di boicottaggio stanno avendo un certo successo anche perché promosse da attori e personaggi televisivi, che ora però sono diventati l’obiettivo della repressione governativa: alcuni attori hanno perso i loro ruoli in serie e film prodotti dalla televisione pubblica, ad altri sono stati bloccati i profili social. Cem Yigit Uzumoglu, l’attore noto per per aver partecipato alla serie Netflix L’impero ottomano, è stato arrestato per aver espresso sostegno alle proteste.
I primi inviti ai boicottaggi erano stati fatti all’inizio di aprile.
Il Partito popolare repubblicano di Imamoglu (CHP, il principale dell’opposizione, di centrosinistra e nazionalista) aveva invitato a non effettuare acquisti il 2 aprile, per denunciare non solo l’arresto del sindaco, ma anche la successiva repressione. Aveva inoltre pubblicato una lista di 25 aziende ritenute vicine al governo (poi fatta cancellare dalle autorità) da boicottare a tempo indefinito. La lista comprende fra gli altri la CNN turca, l’agenzia di viaggi ETS, la catena di caffetterie Espressolab, le librerie D&R, i negozi di mobili Kilim Mobilya. Le autorità giudiziarie avevano aperto un’inchiesta per incitamento all’odio e discriminazione, e il governo di Erdogan aveva definito il boicottaggio un tentativo di danneggiare l’economia turca.

Una manifestante con il cartello: “L’unica cosa libera in questo paese è l’inflazione” (AP Photo/Francisco Seco)
Nelle settimane seguenti chi ha sostenuto, rilanciato o promosso il boicottaggio è stato oggetto di ritorsioni. Attori e attrici come Aybuke Pusat, Basak Gumulcinelioglu, Furkan Andic e Boran Kuzum sono stati licenziati dalla televisione pubblica TRT, dove interpretavano ruoli in popolari serie televisive. Il direttore generale Mehmet Zahid Sobaci ha rivendicato la decisione, sostenendo che chi ha un ruolo nella televisione pubblica non dovrebbe partecipare alle attività di un partito politico.
I sostenitori delle proteste hanno detto che questa decisione testimonia quanto la televisione pubblica sia di parte e schierata con il governo, nonostante sia finanziata da tutti i cittadini turchi con le tasse e ufficialmente indipendente.
Da almeno una decina d’anni quello delle serie televisive in Turchia è un settore molto popolare: sono chiamate dizi, abbreviazione di televizyon dizileri, serie televisive, e stanno riscuotendo anche un successo internazionale notevole. Sono prodotti di intrattenimento che hanno dato vita a un’industria di proporzioni enormi, al punto che, secondo le stime della società di analisi dati Parrot Analytics citate dall’Economist, attualmente la Turchia è il terzo paese al mondo nell’esportazione di serie tv, dietro a Regno Unito e Stati Uniti.

La produzione di una serie televisiva turca a Istanbul (AP Photo/Khalil Hamra)
Per aver espresso sostegno al boicottaggio, agli attori Rojda Demirer e Alican Yücesoy sono stati bloccati i profili social, mentre l’arresto di Cem Yigit Uzumoglu è stato uno dei molti definiti «arbitrari e intimidatori» dagli organizzatori della protesta: l’attore è stato rilasciato alcune ore dopo, ma non può lasciare il paese.
Dopo i primi giorni di grandi manifestazioni, compresa quella del 29 marzo a Istanbul, le proteste stanno proseguendo non solo con il boicottaggio, ma anche con una grande mobilitazione online e con varie attività nelle maggiori università del paese.