Camminare per giorni per protestare, in Serbia

0
38 Numero visite

Da mesi gli studenti organizzano marce in tutto il paese per criticare il governo del nazionalista Aleksandar Vučić

Negli ultimi mesi le grandi proteste studentesche in Serbia contro la corruzione e contro il governo hanno preso diverse forme: oltre alle manifestazioni e alle occupazioni delle università, sono state organizzate lunghe marce da una città all’altra per raggiungere le zone più rurali del paese. Le marce sono diventate inaspettatamente la parte più raccontata delle proteste, e hanno raccolto molto interesse sia tra la popolazione serba sia tra i giornali internazionali.

Le proteste erano cominciate a novembre dopo il crollo di una tettoia nella stazione ferroviaria di Novi Sad, che aveva causato la morte di 16 persone. L’incidente era stato fin da subito considerato emblematico della corruzione diffusa in Serbia, paese guidato dal presidente Aleksandar Vučić, che domina la politica serba da una decina d’anni. Le manifestazioni sono presto diventate le più ampie proteste antigovernative in Serbia degli ultimi trent’anni.

Fin dall’inizio delle proteste, uno dei principali problemi per gli studenti è stato farsi raccontare. La copertura da parte di molti quotidiani e televisioni serbe è stata parziale, se non apertamente ostile. Fra gli altri il tabloid Informer, il più letto giornale serbo, apertamente filogovernativo, ha spesso etichettato i manifestanti come estremisti e delinquenti. La televisione pubblica ha adottato in alcuni casi la stessa linea, specialmente dopo essere stata ripresa da Vučić per alcuni servizi sulle proteste che secondo lui erano troppo favorevoli agli studenti.

È da qui che è nata l’idea delle marce: come un modo per contrastare la narrativa del governo amplificata dalla stampa fedele a Vučić.

Gli studenti hanno iniziato a organizzarsi nelle assemblee di decine di facoltà occupate in tutto il paese. Hanno creato comitati con competenze diverse e ben definite, hanno cominciato a stabilire in anticipo i percorsi delle marce privilegiando strade secondarie con poco traffico, e le città dove fare le soste. Hanno preso contatti con le amministrazioni e associazioni locali per organizzare i pasti e i pernottamenti.

Il campo da calcio con le tende degli studenti a Indija, all’alba di venerdì 31 gennaio 2025 (AP Photo/Armin Durgut)

«Attraverso la marcia, abbiamo voluto mostrare e spiegare [a chi incontravamo] chi siamo e cosa rappresentiamo», ha detto Vukašin, uno studente di economia dell’Università di Belgrado che ha partecipato a due marce antigovernative (Vukašin non ha voluto rendere pubblico il suo cognome: una scelta comune fra gli studenti che stanno prendendo parte alle proteste, per evitare ritorsioni da parte della polizia).

La prima marcia era stata alla fine di gennaio. In circa due giorni un centinaio di studenti avevano camminato quasi 80 chilometri dalla capitale Belgrado a Novi Sad. Poi ci sono state altre marce, più lunghe.

A metà febbraio decine di studenti erano partiti da diverse città serbe per arrivare insieme a Kragujevac, nel centro del paese. Il 1° marzo, quattro mesi dopo il crollo della tettoia, avevano fatto lo stesso convergendo verso la città meridionale di Niš. Quindici giorni dopo il punto d’arrivo era diventata Belgrado, dove si è svolta quella che è stata finora la più grande manifestazione antigovernativa in Serbia degli ultimi cinque mesi.

Marcia dopo marcia, la popolarità degli studenti nelle varie cittadine attraversate è cresciuta. Ad accoglierli non c’erano più solo i volontari, ma anche alcuni residenti che volevano mostrare la loro vicinanza alle ragioni delle proteste.

Gli studenti cenano al buffet organizzato dagli abitanti di Stara Pazova, vicino a Indija, durante la marcia da Belgrado a Novi Sad, il 30 gennaio 2025 (AP Photo/Armin Durgut)

C’è stata poi un’ulteriore evoluzione, perché il 3 aprile un’ottantina di persone sono partite in bicicletta da Novi Sad per raggiungere Strasburgo, la città francese dove ha sede il Parlamento europeo, con l’obiettivo di ottenere un po’ di attenzioni dall’Unione Europea. È un viaggio di quasi 1.400 chilometri attraverso l’Ungheria, la Slovacchia, l’Austria e la Germania. Dovrebbero arrivare il 15 aprile.

Le proteste hanno avuto alcune conseguenze concrete, sebbene non sufficienti a intaccare il potere di Vučić. A fine gennaio per esempio si è dimesso il primo ministro Miloš Vučević e pochi giorni fa è stato sostituito con Djuro Macut, un medico senza alcuna esperienza in politica che difficilmente potrà cambiare le cose.

Vučić ha detto anche pubblicamente di essere consapevole dell’enorme portata delle proteste, ma sta cercando di presentare i manifestanti come degli antagonisti che non sono disposti al dialogo e anzi stanno creando solo disagi alla popolazione. Intanto però la sua popolarità sta calando parecchio: in un sondaggio interno di metà marzo solo un terzo degli intervistati aveva detto di aver fiducia nella sua leadership, mentre molti si erano detti in qualche modo favorevoli alle proteste organizzate dagli studenti.

Redazione il Post

L'informazione completa