Serviranno anni e molti soldi: c’è chi suggerisce un ripensamento strutturale dei quartieri distrutti, ma più probabilmente cambieranno solo i materiali
I grandi incendi cominciati a inizio gennaio a Los Angeles, in California, sono durati quasi un mese: sono stati definitivamente spenti pochi giorni fa, dopo aver bruciato complessivamente oltre 150 chilometri quadrati di territorio. Almeno 29 persone sono state uccise e sono state distrutte o danneggiate oltre 6mila case e 16mila “strutture”, un termine usato per riferirsi ad abitazioni, negozi ed edifici pubblici, ma anche automobili. I danni sono difficili da quantificare, ma si stima siano superiori a 40 miliardi di dollari.
Ora che l’emergenza è terminata Los Angeles inizia a pensare alla ricostruzione, che sarà lunga e costerà parecchio. Prima di cominciare effettivamente i lavori è necessario decidere come ricostruire, soprattutto nelle aree che sono state quasi completamente distrutte, tra cui Pacific Palisades e Altadena: molti ritengono che non sia opportuno rifare tutto come prima, ma anzi bisognerebbe ripensare la gestione degli spazi per ridurre il rischio di nuovi incendi.
Le previsioni sui tempi necessari per una completa ricostruzione sono difficili, ma c’è consenso sul fatto che serviranno parecchi anni. La prima cosa da fare è rimuovere i moltissimi detriti e macerie che si sono accumulati. Incendi di dimensioni paragonabili a quelli appena terminati colpirono Paradise, in California, nel 2018: la fase di “pulizia” dalle macerie durò nove mesi e si stima che la completa ricostruzione non avverrà prima del 2028. La rimozione delle macerie è fondamentale anche per questioni ambientali e di salute, dato che parte dei detriti può essere tossica.
Bisogna poi rispettare i tempi tecnici necessari a chiedere e ottenere permessi per costruire nuove abitazioni che sostituiscano quelle distrutte: normalmente ci vogliono tra i nove e i 12 mesi, ma le procedure possono incepparsi e diventare complicate. È accaduto alle Hawaii, dove attualmente solo una minima parte delle 2mila case distrutte negli incendi del 2023 è stata ricostruita.
Le autorità della California si sono già mosse per facilitare l’ottenimento di questi permessi. Il governatore Gavin Newsom e la sindaca di Los Angeles Karen Bass (entrambi Democratici) hanno firmato vari ordini esecutivi per snellire i processi: tra le altre cose, facilitano i lavori di smaltimento delle macerie e sospendono alcuni regolamenti che imponevano lunghi esami delle richieste di costruzione di nuove case, per valutarne la compatibilità con leggi di salvaguardia ambientale. Le esenzioni prevedono però che le nuove abitazioni abbiano metrature abitabili e altezze uguali alle precedenti, con una tolleranza del 10 per cento. La conseguenza è che i nuovi edifici saranno villette unifamiliari molto simili a quelle che erano presenti prima dell’incendio, e che però si sono rivelate inadatte a resistere al fuoco e a evitarne la diffusione.
Secondo molti urbanisti e architetti la situazione attuale richiederebbe invece un ripensamento strutturale dei quartieri distrutti: dovrebbero esserci abitazioni plurifamiliari e condomini nelle zone più sicure, mentre altre aree dovrebbero essere prive di edifici infiammabili e usate come “cuscinetti” contro il fuoco. Per portare avanti progetti simili lo stato della California o la città di Los Angeles dovrebbero comprare i terreni privati a prezzi congrui, offrendo ai residenti la possibilità di spostarsi altrove. Si tratta di una soluzione non facile da praticare, sia a livello economico che normativo.
È probabile che le zone distrutte verranno ricostruite più o meno nello stesso modo, seguendo però nuovi regolamenti perché le abitazioni siano più resistenti alle fiamme. Alcune delle soluzioni prospettate e già praticabili sono utilizzare materiali e rivestimenti più resistenti al fuoco, aggiungere un isolamento, allontanare le staccionate di legno dalle case, circondare le abitazioni con terreni ricoperti di ghiaia, prevedere reti reti di protezione che impediscano alle braci di entrare nel sottotetto e propagare il fuoco, costruire i tetti in metallo o cemento, fornire le finestre di doppi vetri che hanno meno probabilità di rompersi per il calore e quindi di far sviluppare incendi all’interno.
Altri interventi dovranno riguardare gli alberi e le piante che circondano le case e i quartieri: le palme sono così comuni in California da essere diventate un simbolo di molte zone costiere, ma bruciano con grande facilità e velocità. Dovrebbero essere sostituite con piante più resistenti agli incendi, come le querce californiane. Un discorso simile vale per ginepri ed eucalipti, molti diffusi e molto infiammabili.
L’inizio dei lavori potrebbe essere posticipato a causa dei tempi lunghi dei rimborsi delle assicurazioni, che potrebbero avere difficoltà a rispondere a tutte le richieste e che prevedono comunque un lungo iter burocratico. Chi potrà anticipare le spese dovrà mettere in conto un probabile sovraccarico di lavoro delle aziende costruttrici: si stima che saranno necessari oltre 400mila lavoratori edili in più nel 2025, e 500mila nel 2026. L’aumento consistente della domanda può rendere complesso trovare i materiali da costruzione necessari. Molti arrivano da Cina e Canada: la politica di dazi dell’amministrazione di Donald Trump può diminuirne la disponibilità e far aumentare i prezzi.
Questa situazione è comunque destinata a peggiorare ancora l’emergenza abitativa nell’area di Los Angeles, dove già esiste un grosso problema di carenza di case a prezzo sostenibile (ne mancano circa 500mila, secondo le stime). Sono già stati segnalati consistenti aumenti nei costi degli affitti.
Le abitazioni private non sono l’unica cosa da ricostruire: gli incendi hanno distrutto o danneggiato migliaia di strutture pubbliche, fra cui strade, scuole, ospedali, biblioteche e infrastrutture energetiche. L’ex presidente Joe Biden aveva promesso che il governo federale avrebbe coperto la totalità delle spese per la ricostruzione (normalmente contribuisce al 75 per cento), ma al momento non è chiaro se Trump intenda rispettare questo impegno. In campagna elettorale, prima dell’emergenza, aveva detto di voler ridurre i fondi destinati alla California, uno stato saldamente Democratico.