Il governo l’aveva presentata a settembre: è la prima al mondo di questo tipo
Il governo australiano ha detto che a breve il parlamento inizierà a discutere della proposta di legge per vietare alle persone con meno di 16 anni di accedere a tutti i principali social media. Il primo ministro Anthony Albanese aveva parlato della proposta di legge lo scorso settembre: ora ha detto che verrà depositata in parlamento la prossima settimana e poi discussa, per entrare eventualmente in vigore 12 mesi dopo l’approvazione.
Se la legge entrasse in vigore, sarebbe la prima al mondo di questo tipo: ma ci sono grossi dubbi su come concretamente potrebbe funzionare il divieto, oltre che perplessità sulla sua efficacia.
Il primo ministro Anthony Albanese ha detto che la proposta di legge è stata pensata per proteggere la salute mentale delle persone più giovani, a suo dire compromessa dall’utilizzo dei social network.
L’Australia non è il primo paese che cerca di imporre divieti sull’utilizzo dei social alle persone più giovani. Ci aveva provato anche la Francia l’anno scorso, proponendo un divieto per le persone con meno di 15 anni: erano state avviate alcune sperimentazioni preliminari, facilmente aggirate dai genitori dei minori, e il governo ha detto di voler introdurre un divieto formale a partire dal nuovo anno.
La legge australiana sarebbe però la più stringente mai introdotta: 16 è il limite di età più alto mai proposto finora, e la proposta non prevede esenzioni nemmeno in caso di consenso dei genitori.
I dubbi su come la legge potrebbe funzionare concretamente riguardano vari aspetti. Anzitutto la verifica dell’età. Tra i metodi contenuti nella proposta di legge ci sono sistemi di verifica biometrica o gestiti dal governo (un po’ come lo SPID in Italia): in entrambi i casi i genitori potrebbero accedere con la propria identità e poi consegnare l’eventuale dispositivo ai figli con meno di 16 anni, come successo in altri casi in cui si è tentato di imporre un divieto di questo tipo.
Albanese ha detto inoltre che non sono previste sanzioni per utenti che non rispetteranno la legge. Non è nemmeno del tutto chiaro a chi spetterà il controllo sul rispetto della legge: Albanese ha detto che se ne occuperà il Commissario per la sicurezza elettronica, un ente del governo che si occupa di sicurezza online, ma che starà alle singole piattaforme adottare a loro volta misure «ragionevoli» per impedire l’accesso ai minori di 16 anni.
Il governo non ha dato un elenco preciso delle piattaforme social a cui eventualmente si applicherà il divieto, che in parte è ancora in via di definizione: la ministra delle Comunicazioni Michelle Rowland ha detto che la lista include i principali social, Instagram, Facebook, TikTok e X, e che «probabilmente» verrà incluso anche YouTube.
La proposta di legge ha suscitato opposizioni e critiche da parte di vari esperti e organizzazioni che si occupano di minori. La Taskforce australiana per i diritti dell’infanzia, un consorzio di oltre cento organizzazioni per i diritti dei minori, ha inviato una lettera ad Albanese, firmata da oltre 100 accademici e da 20 organizzazioni, in cui lo invita a sostituire il divieto con l’introduzione di standard di sicurezza rivolti ai più giovani.
È la stessa prospettiva adottata dall’Unione Europea, che nel 2023 ha approvato il Digital Services Act (DSA), una legge sulla sicurezza e la trasparenza dei servizi digitali che ha già portato all’avvio di una serie di indagini contro le piattaforme che non rispettavano le regole contenute al suo interno per limitare gli effetti nocivi sui più giovani.
Più in generale, gli esperti ritengono che sia necessario accompagnare i figli nell’utilizzo dei social e fare in modo che imparino a gestirli in maniera sempre più autonoma, più che imporre divieti facilmente aggirabili.
L’idea che l’utilizzo dei social media sia la causa di un aumento di ansia e depressione tra gli adolescenti è discussa da tempo e condivisa da molte persone, ma non è sostenuta in maniera univoca da studi scientifici: gli esperti sembrano concordare sul fatto che esista una correlazione tra utilizzo dei social e peggioramento della salute mentale tra i giovani, ma che non sia di tipo causale.
Le ricerche da cui emergono associazioni significative tra l’uso dei social media e i problemi di salute mentale suggeriscono non che il primo fenomeno sia causa del secondo, ma che i giovani con problemi di salute mentale tendono a utilizzare le piattaforme più frequentemente oppure in modi diversi rispetto ai loro coetanei che non hanno problemi.