Il primo ministro spagnolo è in visita in tre paesi africani, con cui sta cercando di concordare canali legali per venire in Spagna
Nei primi otto mesi del 2024 è più che raddoppiato il numero dei richiedenti asilo arrivati in Spagna via mare, rispetto allo stesso periodo del 2023. La cosa si deve soprattutto al netto aumento degli arrivi alle Isole Canarie, che si trovano un centinaio di chilometri a ovest delle coste del Marocco e hanno accolto più di 22mila persone, rispetto alle circa 10mila nello stesso periodo dell’anno scorso. In questi giorni il primo ministro socialista Pedro Sánchez è in visita in tre paesi africani – Mauritania, Gambia e Senegal – per firmare accordi che dovrebbero servire a ridurre gli arrivi via mare, e concordare invece canali legali da tutti e tre i paesi.
Sánchez sta provando un approccio diverso rispetto a quello dell’Italia e dell’Unione Europea, che si è concentrato sul pagare i paesi di transito per fermare con la forza le partenze, senza preoccuparsi troppo delle violazioni dei diritti umani delle persone migranti.
I tre paesi della visita ufficiale di Sánchez, che è cominciata martedì e finirà giovedì, sono anche quelli da cui partono quasi tutte le imbarcazioni usa e getta verso le Canarie lungo la cosiddetta “rotta atlantica”, che è molto pericolosa. Questa rotta è quella su cui di gran lunga muoiono più persone nel tentativo di arrivare in Europa: sono state 4.808 solo nei primi cinque mesi dell’anno, secondo la ong Caminando Fronteras (per avere un termine di paragone, si stima che in tutto il 2023 siano morte circa 1.900 persone nel Mediterraneo centrale, cioè la rotta che va dal Nord Africa alle coste italiane).
L’aumento dei flussi verso le Canarie si deve soprattutto alla situazione in Mali, che quest’anno è diventato per la prima volta il principale paese d’origine delle persone migranti che entrano irregolarmente in Spagna. Chi parte da alcuni altri stati della regione, come Senegal e Marocco (secondo e terzo nella stessa lista), lo fa perlopiù per ragioni di povertà estrema. Le persone del Mali scappano dalla guerra civile iniziata nel 2012, e infatti nella quasi totalità dei casi (il 96 per cento) la loro richiesta di asilo viene poi accettata dalle autorità spagnole.
Negli ultimi due anni in Mali si è infatti aggravato il conflitto tra le forze del governo autoritario, sostenute dai mercenari russi dell’ex gruppo Wagner, e i ribelli di etnia tuareg. Durante le offensive si sono verificati massacri di civili, e la situazione è ulteriormente peggiorata dopo il ritiro nel 2023 dei contingenti militari della Francia, l’ex potenza coloniale dell’area, e dell’ONU. Per questa ragione centinaia di migliaia di persone stanno fuggendo dal Mali: secondo l’UNHCR, l’agenzia ONU per i rifugiati, in Mauritania si trovano più di 200mila profughi maliani; ce ne sono 50mila in Algeria, 130mila in Niger e 40mila in Burkina Faso (come accade quasi sempre nei fenomeni migratori, gran parte delle persone che lasciano un certo paese si ferma in quelli limitrofi).
Per il governo spagnolo è quindi molto importante la collaborazione della Mauritania, che ospita il maggior numero di profughi. È la seconda volta che Sánchez ci va quest’anno: ci era già stato a febbraio, accompagnato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. In quell’occasione la Commissione aveva annunciato 210 milioni di euro di aiuti finanziari e umanitari, da versare nel 2024, e Sánchez aveva promesso 300 milioni di euro tra investimenti e fondi per controllare i confini.
Stavolta non sono stati annunciati nuovi finanziamenti, ma Sánchez ha firmato con il governo mauritano (e poi con quello del Gambia) un “accordo di migrazione circolare”. I Socialisti stanno puntando molto su questo percorso di immigrazione legale, a cui avevano già aderito sette paesi, principalmente dell’America Latina, più Senegal e Marocco. La “migrazione circolare” esiste dal 2000 e funziona così: le persone che vorrebbero andare in Spagna si registrano mentre sono ancora all’estero e partecipano a programmi di formazione. Diversi di loro poi ricevono un’offerta di lavoro da un’azienda in Spagna, che come molti altri paesi occidentali ha lacune croniche nel mercato del lavoro.
Le persone migranti a quel punto ottengono un permesso temporaneo, fino a quattro anni: si impegnano, però, a tornare nel loro paese d’origine alla scadenza, in sostanza dopo aver guadagnato un po’ di soldi. Finora hanno aderito a questo schema più di 20mila persone, di cui oltre 17mila nel 2023: soprattutto dal Marocco e da paesi latinoamericani, mentre i senegalesi sono stati solo 152. Il principio è più o meno lo stesso del cosiddetto “decreto flussi” italiano, che però ormai da anni non funziona in maniera efficace per via di enormi ostacoli burocratici e per il fatto che viene usato come sanatoria per regolarizzare persone già presenti in Italia, ma senza permesso di soggiorno.
Il governo spagnolo intende espandere lo schema esistente per provare a gestire i flussi migratori che passano dai tre paesi africani visitati da Sánchez. Secondo il governo, tra l’altro, l’immigrazione legale è determinante per coprire ogni anno tra 200mila e 250mila posti di lavoro, soprattutto stagionali e nell’agricoltura, e per tenere in piedi il welfare spagnolo.
Al di là di alcune misure simboliche, come l’apertura di una sede dell’Instituto Cervantes (un’istituzione pubblica che promuove la cultura e la lingua spagnole nel mondo), il governo della Mauritania ha comunque accettato un inasprimento dei controlli frontalieri con la Spagna. In particolare, da martedì serve un visto di transito ai cittadini mauritani che fanno scalo negli aeroporti spagnoli. Da febbraio valeva la stessa cosa per il Senegal.
Le iniziative di Sánchez sono state molto criticate dall’opposizione di centrodestra. Il suo approccio, incentrato sui percorsi di immigrazione regolare, secondo il leader dei Popolari, Alberto Núñez Feijóo, incoraggerebbe le partenze: «Invece di andare in Africa a combattere le mafie, Sánchez promuove la Spagna come destinazione. Il contrario del resto dell’Unione Europea», ha scritto Feijóo sui social. Sul tema c’è stata anche una mezza lite tra i Popolari e gli ex alleati di estrema destra di Vox, che propongono misure ancora più dure e securitarie sul contrasto all’immigrazione.
In particolare Vox ritiene un modello la linea del governo italiano di Giorgia Meloni. Secondo i giornali spagnoli, all’effettiva diminuzione degli arrivi via mare in Italia è corrisposto un riorientamento dei flussi verso la “rotta atlantica” e le Canarie. La netta riduzione degli arrivi via mare in realtà si spiega soprattutto con l’aumento degli sforzi delle autorità tunisine e libiche per impedire con la forza le partenze di migranti, sia in mare sia a terra: una pratica che di fatto costringe decine di migliaia di persone a rimanere nei centri di detenzione per migranti in Libia, dove le torture e gli stupri sono sistematici, e le persone subsahariane in Tunisia, un paese dove da un anno e mezzo subiscono discriminazioni e violenze.
Nel frattempo, le comunità autonome governate dai Popolari continuano a opporsi alla redistribuzione dei migranti minorenni e soli. Questa mancata redistribuzione ha causato situazioni molto difficili alle Canarie e nell’exclave spagnola in territorio marocchino di Ceuta, dove la capienza massima delle strutture d’accoglienza è stata superata da tempo.
A Ceuta come a Melilla, l’altra exclave spagnola in Nord Africa, i governi di Sánchez (cominciati nel 2018) hanno mantenuto le politiche estremamente restrittive contro i richiedenti asilo dei precedenti governi conservatori. Sono infatti continuate le cosiddette devoluciones en caliente, cioè i respingimenti immediati in cui la polizia non identifica le persone migranti né consente loro di fare richiesta di asilo o di altre forme di protezione, come invece prevede la legge internazionale.