Oltre 90 morti alle proteste anti-governo in Bangladesh

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ANSA/AFP

I raduni sono iniziati a luglio, la premier Hasina nel mirino. Oltre 300 il numero delle persone uccise dall’inizio delle proteste. Coprifuoco notturno, tagli alla rete internet, gas lacrimogeni e proiettili di gomma.

Il governo del Bangladesh continua a usare il pugno di ferro nel tentativo di arginare la nuova ondata di proteste che sta infiammando il Paese, dalla capitale Dacca che conta venti milioni di abitanti fino ai distretti settentrionali di Bogra, Pabna e Rangpur. Centinaia di migliaia di manifestanti e studenti sono scesi in piazza nelle ultime ore annunciando una campagna di disobbedienza civile per chiedere le dimissioni della primo ministro Sheikh Hasina, eletta per un quarto mandato consecutivo a gennaio in un voto boicottato dalle opposizioni.

Ma l’impatto con le forze della sicurezza è stato drammatico. I violenti scontri a colpi di bastoni e coltelli da una parte e proiettili veri dall’altra hanno prodotto un bagno di sangue con oltre 90 morti, secondo l’agenzia indiana Pti, 14 fra le forze dell’ordine, e centinaia di feriti. Un bilancio che porta ad oltre 300 il numero delle persone uccise dall’inizio delle proteste a luglio. Circa 10mila persone sono state arrestate, fra cui importanti esponenti dell’opposizione.

Nel corso di un raduno tenutosi nelle scorse ore a Dacca, Nahid Islam, uno dei leader del movimento studentesco, ha arringato la folla sostenendo che oltre alle dimissioni della premier “andrebbe fatto anche un processo ad hoc per gli omicidi, i saccheggi e la corruzione”. I manifestanti da quasi un mese protestano contro la decisione di riservare molti incarichi nella pubblica amministrazione ai parenti dei veterani della guerra d’indipendenza del Bangladesh contro il Pakistan nel 1971.

La maggior parte di queste cosiddette ‘quote’ sono state ridotte dal governo in seguito a una sentenza dell’Alta corte, ma gli studenti hanno continuato a protestare, chiedendo giustizia per coloro che sono stati uccisi e feriti. Alcuni ex ufficiali militari hanno dato il loro sostegno al movimento di protesta. “Siamo profondamente preoccupati e rattristati da tutti gli omicidi, le torture, le sparizioni e gli arresti di massa che hanno afflitto il Bangladesh nelle ultime tre settimane”, ha affermato l’ex capo dell’esercito del Bangladesh, Ikbal Karim Bhuiyan, chiedendo al governo il ritiro immediato delle forze armate dalle strade. I prossimi giorni sono considerati cruciali, sia per la premier Hasina che per il movimento di protesta. Il Bangladesh è un Paese musulmano che conta 170 milioni di abitanti, con molti laureati disoccupati, molti dei quali scelgono di emigrare.

Ma lo scorso 16 luglio, quando la repressione governativa dei raduni ha causato i primi morti, è cambiato qualcosa negli animi delle persone, trasformando la crisi sociale in una crisi politica.

Redazione Ansa

 

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