L’Amazzonia brasiliana ha registrato 13.489 incendi boschivi nella prima metà di quest’anno, il numero più alto degli ultimi 20 anni. È quanto emerge dagli ultimi dati dell’Istituto nazionale per la ricerca spaziale (Inpe), secondo cui l’aumento dei roghi rispetto allo scorso anno è del 61%, un tasso aggravato dalla severa siccità che ha colpito la regione alla fine del 2023.
Le misurazioni dell’istituto sono iniziate nel 1998 e da allora solo due volte si sono registrati un numero di incendi maggiore rispetto al 2024 già nel primo semestre dell’anno: nel 2003, quando se ne sono contati 17.143, e nel 2004 che ebbe un picco di 17.340 fuochi. Questi dati, che destano allarme, arrivano proprio nel momento in cui il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha dichiarato battaglia contro la deforestazione, riuscendo a portare a casa un primo successo con la riduzione del fenomeno registrata dal suo insediamento, nel gennaio del 2023. Il leader progressista ha promesso di porre fine al disboscamento in Brasile entro il 2030.
La situazione quest’anno appare però piuttosto drammatica e mette a rischio il bioma del polmone amazzonico del nostro pianeta. Già a metà giugno, prima dell’inizio della stagione degli incendi che di solito cade a luglio, le fiamme in Brasile avevano bruciato più di 4.000 chilometri quadrati del Pantanal, la più grande zona umida del mondo. Secondo i dati satellitari raccolti dall’Inpe, in questa area il numero di incendi fino al 9 giugno è stato del 935% più alto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel Pantanal, solo nella prima metà di quest’anno, sono stati registrati infatti oltre 3.400 fuochi.
Ad aggravare la situazione di queste zone alluvionali è la siccità. La regione brasiliana che ospita la maggior parte del Pantanal già ad aprile aveva dichiarato l’emergenza ambientale per la scarsità delle precipitazioni che facilita il propagarsi degli incendi. Le piogge qui sono state del 60 per cento inferiori rispetto alla media del periodo.
Redazione Tgcom24.Mediaset