L’uomo canadese che ha fatto causa per il diritto di non tagliare l’erba di casa sua

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Nel 2021 Wolf Ruck ha cominciato a “rinaturalizzare” il proprio giardino, ma qualche vicino (e la città di Mississauga) ritengono che dia fastidio

Da qualche anno, soprattutto nei paesi e sui media anglosassoni si parla dell’importanza di ripensare il modo in cui vengono curati e sfalciati i prati erbosi presenti all’esterno delle abitazioni in modo da limitare gli effetti dell’attività umane sull’ambiente. Attorno a questa idea si è sviluppato un insieme molto eterogeneo di ricercatori, studiosi e attivisti che si riconoscono in un crescente movimento “anti-pratista”: il loro scopo principale è quello di segnalare l’esistenza di un notevole squilibrio tra i benefici ambientali dei prati erbosi (ovvero i classici prati d’erba ben curata che si piantano spesso nei giardini delle abitazioni) e le conseguenze negative della manutenzione, dell’irrigazione e delle altre pratiche abituali necessarie per mantenerli sempre verdi e curati, e adattarli al contesto urbano e al gusto estetico prevalente.

Nella città di Mississauga, nello stato canadese dell’Ontario, la volontà di un residente di modificare il proprio giardino in modo da lasciare più spazio a piante native della regione è però da mesi al centro di un caso legale che a breve approderà alla Corte d’appello dell’Ontario, ovvero il giudice statale di massima istanza nel sistema canadese. Al centro del caso c’è il giardino di Wolf Ruck, un artista, regista ed ex canoista olimpico settantenne che nel 2021 ha cominciato a “rinaturalizzare” il proprio giardino, impegnandosi sostanzialmente a riportare il suo appezzamento di terreno allo stato naturale che avrebbe avuto se non fosse per l’intervento umano.

In Canada e negli Stati Uniti è frequente che le leggi locali regolamentino da vicino l’aspetto che una casa o un giardino deve avere: queste leggi spesso includono termini vaghi e soggettivi come «pulito» e «ordinato», e non definiscono cosa si intenda per «erbaccia». Qualunque vicino può poi denunciare anonimamente una percepita violazione.

Tra il 2021 e oggi la città di Mississauga ha inviato una squadra a casa di Ruck per tagliare forzosamente l’erba due volte dopo che dei vicini, rimasti sempre anonimi, si sono lamentati del fatto che il suo prato fosse incolto. La città gli ha poi ordinato di pagare il costo del servizio. Ruck sostiene che la Corte di giustizia dell’Ontario abbia in passato già dichiarato nulle e inapplicabili le leggi municipali che regolamentano l’altezza di erbe e erbacce nei giardini privati, e che in particolare il modo in cui è applicato il regolamento di Mississauga violi la sezione della Carta canadese dei diritti e delle libertà che garantisce la libertà di espressione.

Ruck ha definito «l’enorme quantità di tempo, sforzi e spese» che sta affrontando per assicurarsi di poter coltivare il proprio giardino come preferisce «assolutamente irragionevoli». Il comune di Mississauga dice invece che «l’erba alta e le erbacce sono un fastidio pubblico», ma non ha mai spiegato esattamente in che modo ritiene che il prato di Ruck rappresenti una minaccia per la salute o per la sicurezza. Per questo motivo Ruck sospetta che il fastidio in questione sia semplicemente la violazione dei gusti estetici dei suoi vicini di casa: «la mia proprietà non è abbandonata», ha detto. «Non è una rovina per la comunità. Sembra semplicemente offendere alcuni vicini a cui non piace il suo aspetto».

Per ora, i tribunali inferiori hanno dato ragione al comune: il 2 maggio la Corte superiore dell’Ontario, il giudice di livello immediatamente inferiore alla Corte d’appello, ha riconosciuto il vantaggio ecologico derivante dall’incoraggiamento della biodiversità da parte di Ruck e che l’applicazione della legge viola in una certa misura il diritto di Ruck alla libertà d’espressione. Ma ha detto anche che l’intenzione del comune è quella di proteggere i residenti dai potenziali effetti nocivi delle erbacce e da potenziali incendi, e che quindi le leggi municipali sull’altezza dell’erba hanno una loro utilità che supera gli «effetti deleteri» subiti da Ruck. «Il fatto che [Ruck] non possa coltivare esattamente ciò che vuole nel proprio giardino di casa non vuol dire che queste leggi non sono conformi alla Carta dei diritti e delle libertà», ha concluso il giudice.

Secondo Nina-Marie Lister, direttrice dell’Ecological Design lab dell’Università metropolitana di Toronto, Ruck non è il solo ad aver incontrato problemi con i vicini durante i propri sforzi di “rinaturalizzazione”. «Il numero di casi che abbiamo seguito come consulenti è più che quadruplicato dal 2020», ha detto al Guardian. Il laboratorio di Lister sta collaborando da tempo con vari comuni dell’Ontario in modo da aggiornare le loro leggi sulle erbacce, adattandole alla necessità di proteggere la biodiversità.

«Il consiglio che diamo ai comuni è quello di (…) riconoscere il diritto dei residenti a piantare e coltivare specie autoctone», spiega. «L’unica condizione deve essere che non siano dannose per la salute umana o per l’ecosistema».

Redazione IL POST

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