Lo era già stato tra il 2022 e il 2023: guiderà la nuova coalizione di governo, mentre i sostenitori dell’ex primo ministro Khan, in carcere, saranno all’opposizione
La camera bassa del parlamento del Pakistan ha eletto Shebhaz Sharif come primo ministro del paese. Sharif, che era già stato primo ministro dal 2022 all’agosto del 2023, era il candidato espresso dalla Lega musulmana del Pakistan (PML-N), di centrodestra, che dopo le recenti elezioni parlamentari aveva trovato un accordo di governo con il Partito Popolare Pakistano (PPP), di centrosinistra, suo storico rivale.
Il PML-N e il PPP erano arrivati rispettivamente secondo e terzo alle elezioni di inizio febbraio: il loro accordo ha escluso dal governo il Movimento per la Giustizia (PTI), il partito nazionalista e populista dell’ex primo ministro Imran Khan, in carcere per diverse condanne per corruzione. Anche se avevano dovuto presentarsi come indipendenti, visto che il partito era stato dichiarato illegale da una sentenza della Corte Suprema, i candidati sostenuti dal PTI erano quelli che avevano ottenuto più voti.
Lo speaker dell’Assemblea Nazionale, cioè la camera bassa del Parlamento, a cui spettava eleggere il nuovo ministro, ha detto che Sharif è stato eletto con 201 voti, rispetto ai 169 necessari. Omar Ayub, il candidato sostenuto dal PTI, ne ha ottenuti 92.
Shebhaz Sharif ha 72 anni, è presidente della Lega musulmana del Pakistan ed è il fratello minore di Nawaz Sharif, tre volte primo ministro del Pakistan e a sua volta leader del partito. Era stato eletto per la prima volta nell’aprile del 2022, dopo che il parlamento aveva votato la sfiducia a Khan, al centro di una grossa crisi politica cominciata settimane prima. È anche in ottimi rapporti con l’esercito, che in Pakistan è molto potente e ha grande influenza sulla vita politica.
Khan invece era diventato primo ministro nel 2018 proprio grazie al sostegno dei militari, ma ne aveva perso i favori fino a essere deposto e a diventare il più radicale critico del potere dell’esercito. Nel 2023 è stato condannato per corruzione, e in seguito per altri reati, tra cui diffusione di segreti di stato, con pene complessive per 34 anni di carcere. Nonostante ciò, è ancora sostenuto da buona parte della popolazione e continua a influenzare la vita politica del paese.