Il primo paese a vietare il fumo al chiuso

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Due uomini fumano fuori da un pub a Dublino, nel 2004 (Fran Veale/Getty Images)

20 anni fa l’Irlanda approvò una legge ambiziosa e impopolare, che presto fu imitata dagli altri paesi europei e oggi ci sembra naturale

Vent’anni fa l’Irlanda fu il primo paese al mondo a vietare il fumo in tutti i luoghi pubblici al chiuso, come pub, ristoranti e ambienti di lavoro. Il 29 marzo 2004 il governo introdusse il Public Health (Tobacco) Act, la prima legge che imponeva un simile divieto a livello nazionale: prima di allora alcune città degli Stati Uniti come New York e San Francisco e altre in Regno Unito avevano cominciato a proporre delle limitazioni al fumo, ma un divieto esteso a tutto il paese era ancora percepito come molto ambizioso e impopolare.

Essendo il primo paese al mondo in cui un limite di questo genere veniva applicato, e visto che altri (come l’Italia) avevano approvato proposte simili ma non erano ancora pienamente in vigore, l’adozione della legge in Irlanda venne vista come una sorta di test. Il giorno dell’entrata in vigore del provvedimento giornalisti da tutto il mondo andarono a Dublino per vedere la reazione, abbastanza imprevedibile, delle persone che da quel momento non avrebbero più potuto fumare nei pub. Per i gestori e i datori di lavoro che non facevano rispettare il divieto era prevista una multa da tremila euro.

Anche se oggi ci sembra naturale, vent’anni fa la limitazione era percepita come molto stringente, soprattutto per gli irlandesi, le cui forme di socialità sono da sempre molto legate ai pub, dove nella maggior parte dei casi si beve birra, si guardano le partite di rugby e, fino al 2004, si fumava. Prima dell’entrata in vigore della legge a protestare di più furono i gestori, che temevano che il divieto potesse avere pesanti conseguenze sugli affari, e i distributori di sigarette che definirono il 29 marzo 2004 come «il nostro giorno più buio». Molti proprietari di pub, come scrive l’Irish Independent, avevano minacciato di impugnare la legge promossa dall’allora ministro della Salute e dell’Infanzia Micheál Martin, oggi ministro di Esteri e Difesa e vice-primo ministro e ne avevano chieste le dimissioni sostenendo che fosse un fanatico.

Il divieto fu adottato principalmente per questioni di tutela della salute, infatti già da qualche tempo Martin si era interessato al problema del fumo, cercando di disincentivare l’acquisto delle sigarette. Come è successo per molte altre imposizioni che inizialmente venivano percepite come troppo limitanti (basti pensare all’obbligo di indossare la cintura in macchina), anche il divieto di fumare al chiuso venne poi accettato e apprezzato da quasi tutti. Come scrive The Conversation, se nel 2005 solo un terzo degli adulti britannici era favorevole a un divieto totale di fumo nei pub, nel 2014 i favorevoli erano saliti all’82 per cento. Subito dopo l’introduzione del Tobacco Act 800mila persone smisero di fumare, mentre dal 2004 a oggi la percentuale delle persone irlandesi che fumano è scesa dal 27 al 18 per cento

Dopo l’iniziativa irlandese seguirono Norvegia, Svezia, Nuova Zelanda, Regno Unito, Francia e India e oggi sono più di 70 i paesi che vietano il fumo in tutti i luoghi pubblici. In Italia, che fu il quarto paese al mondo a introdurlo, il divieto fu approvato già nel 2003 ma entrò pienamente in vigore nel 2005 con la legge Sirchia, dal nome del ministro della Salute Girolamo Sirchia che la promosse.

L’abitudine di “uscire a fumare” iniziò allora e i locali dovettero iniziare a procurarsi coperture, gazebo e fonti di calore esterne per proteggere dal freddo e dalla pioggia i fumatori. L’adozione della legge fu anche posticipata di qualche mese per permettere ai gestori dei locali di attrezzarsi. Qualcuno, come raccontava il New York Times nel 2004, aveva anche adottato soluzioni originali, come posizionare un bus a due piani nel cortile del pub per offrire un riparo a chi voleva fumare.

Posacenere in vendita fuori da un pub il 29 marzo 2004 in Parnell Street a Dublino. (Fran Veale/Getty Images)

La legge irlandese fu portata avanti da Martin, ma a studiarla fu Tom Power, ex alto funzionario del ministero della Salute morto un anno dopo l’approvazione, a 55 anni. Secondo quanto scrive il Guardian fu merito suo se l’Irlanda riuscì a vincere contro l’industria del tabacco. L’ex ministro della Salute lo aveva definito «un’enciclopedia sull’industria del tabacco» perché ne «capiva ogni mossa» e fu in grado di studiare una strategia efficace per l’approvazione della legge.

Dal 2004 sono cambiate molte cose e da pub e ristoranti i divieti sono stati introdotti anche in certi contesti all’aperto. Per esempio a New York oltre dieci anni fa il divieto interessò anche parchi e spiagge (ma aveva diversi limiti) e anche in Italia se ne discute da tempo. A Milano, per esempio, tra il 2020 e il 2021 ci fu un notevole dibattito quando il consiglio comunale approvò il divieto di fumare alle fermate dei mezzi pubblici e nei parchi. Ma da allora le regole non sono state particolarmente rispettate né fatte rispettare: sono stati posizionati pochi cartelli e non ci sono state nuove estese campagne di comunicazione

Redazione IL POST

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