India e Pakistan litigano per il riso basmati

I due paesi sono grandi produttori ed esportatori del basmati e vorrebbero ottenere entrambi l'Indicazione geografica protetta dall'Unione Europea, che ora deve decidere che fare

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Da anni tra India e Pakistan va avanti una disputa che non ha solo a che fare con alcuni territori di confine contesi da entrambi i paesi, ma anche con il basmati, il famoso riso profumato e dai chicchi allungati proveniente soprattutto dalla vasta pianura alluvionale indo-gangetica, che si estende al centro della penisola indiana, tra l’Indo e il Gange. India e Pakistan sono i principali produttori ed esportatori mondiali di questo cereale ed entrambi, separatamente, hanno avanzato all’Unione Europea la richiesta di ottenere il marchio IGP, l’indicazione geografica protetta per il basmati prodotto nel proprio territorio. Per ora non è stata presa alcuna decisione.

Il basmati è coltivato nel nord dell’India, alle pendici dell’Himalaya e nella piana dell’Indo e del Gange. Ed è proprio qui che sta parte del problema. India e Pakistan nacquero come stati separati e indipendenti solo nel 1947 dalla partizione del subcontinente indiano, seguita al collasso dell’impero coloniale britannico. La nascita dei due paesi fu caratterizzata da enormi tensioni, che provocarono la migrazione di massa di milioni di persone e generarono terribili violenze, che causarono a loro volta un milione di morti. Ancora oggi alcune zone di confine rimangono contese.

L’India è il primo esportatore mondiale di basmati, ma è il Pakistan il maggiore esportatore verso l’Unione Europea. Nel 2022 in Europa sono state esportate più di 200mila tonnellate di riso basmati pakistano, rispetto alle circa 100mila tonnellate di basmati indiano. La media degli anni precedenti indicava che due terzi del riso basmati in Europa proveniva dal Pakistan e un terzo dall’India. Il peso delle esportazioni pakistane dipende soprattutto dal rispetto degli standard sulle coltivazioni imposti dai paesi dell’Unione Europea.

Nel tempo, per migliorare la resa e la produttività del basmati, l’India ha infatti sviluppato delle varietà alternative rispetto a quella originale, estremamente delicata. Con queste nuove varietà già nel 1989 la resa passò da 2 a 6 tonnellate di riso per ettaro e dagli anni 2000 vennero introdotte altre varietà ancora che maturano non più in 160 giorni, ma in 135 o addirittura in 120. Questo ha consentito tra l’altro agli agricoltori di coltivare ortaggi, patate o coriandolo, tra due raccolti di riso.

Alcune di queste nuove varietà sono però piuttosto fragili e sensibili alle malattie e hanno richiesto l’uso di pesticidi, cosa che ha creato diversi problemi per la commercializzazione all’estero del prodotto proveniente dall’India.

Per non compromettere le esportazioni, nel 2018 l’India decise di favorire le produzioni locali depositando presso la Commissione Europea la richiesta per ottenere l’Indicazione geografica protetta (IGP) per il proprio basmati e così l’uso esclusivo del termine “basmati” nell’Unione. L’IGP viene attribuita a prodotti agricoli e alimentari considerati di alta qualità e fortemente legati al territorio di origine: per ottenerla è necessario che almeno una parte della produzione, lavorazione o preparazione del prodotto avvenga nella città o nella zona indicata come origine.

L’11 settembre del 2022 la Commissione Europea pubblicò sulla propria Gazzetta Ufficiale la domanda di registrazione presentata dall’India. La normativa prevede che entro tre mesi dalla pubblicazione le autorità di uno stato membro o di un paese terzo oppure ogni persona fisica o giuridica che abbia un interesse legittimo possa presentare alla Commissione stessa una notifica di opposizione. Il Pakistan presentò il proprio ricorso a dicembre, a pochi giorni dalla scadenza. Nel 2023, inoltre, depositò la propria domanda di riconoscimento dell’IGP sul basmati del proprio territorio. La domanda del Pakistan è stata pubblicata ufficialmente sulla Gazzetta della Commissione Europea venerdì 23 febbraio.

In passato India e Pakistan avevano lavorato insieme per proteggere il basmati. Alla fine degli anni Novanta un marchio americano tentò infatti di depositare un brevetto sulle varietà di riso chiamate “basmati” sviluppate e coltivate in Texas. I governi indiano e pakistano si opposero e insieme e vinsero la causa. Nel 2008 i due paesi fecero anche un tentativo per trovare un accordo avviando un dialogo su una possibile candidatura congiunta per l’IGP presso l’Unione Europea, ma gli attentati di Mumbai del 26 novembre, attribuiti a militanti islamisti pakistani, interruppero il negoziato.

Oggi esistono IGP transfrontaliere, ovvero che interessano più stati, ma visti i rapporti complicati tra India e Pakistan la creazione di un’indicazione geografica transfrontaliera sul basmati sembra al momento improbabile.

Delphine Marie-Vivien, specialista francese in IGP, ha detto che l’Unione Europea difficilmente potrà rifiutare la certificazione a uno dei due paesi perché entrambi producono il basmati in modo legittimo. La Commissione Europea potrebbe insomma optare per una soluzione che non scontenti nessuno e che non acuisca le tensioni riconoscendo una IGP per il riso basmati originario del Pakistan e una IGP per il riso basmati di origine indiana.

Redazione Il Post

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