La professoressa Amit Roy, docente di economia e politiche pubbliche della New School For Social Research di New York, in uno studio appena pubblicato sulla rivista Plos Climate, ha esaminato gli effetti diretti e indiretti dei cambiamenti climatici sulla salute in 191 Paesi dal 1940 al 2020
Che il 2023 avesse ottenuto il primato di “anno più caldo di sempre” lo aveva già annunciato, pochi giorni, fa l’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Ma che questo cambiamento possa costarci fino a sei mesi di vita è una notizia del tutto nuova, seppur non del tutto inaspettata. A mostrare come il mutamento climatico metta costantemente in pericolo la vita e la salute di miliardi di persone, tanto da accorciare anche l’aspettativa di vita, è il professore Amit Roy, docente di economia e politiche pubbliche della New School For Social Research di New York, in uno studio appena pubblicato sulla rivista Plos Climate.
Un’analisi lunga 80 anni
“L’aspettativa di vita è generalmente considerata come la migliore metrica per valutare lo stato di salute della popolazione di una nazione”, scrive il professor Roy nell’abstract della pubblicazione. Questo nuovo studio, in particolare, collega i percorsi diretti e indiretti attraverso i quali il cambiamento climatico influisce sulla salute. L’ aumento delle temperature e la precipitazioni anomale che accompagnano il cambiamento climatico, infatti, possono influire sulla salute pubblica in diversi modi: in maniera diretta, ad esempio causando ondate di calore e inondazioni, e in maniera indiretta, aumentando il rischio di malattie, come quelle respiratorie e mentali. Entrambi gli effetti sono stati valutati analizzando i dati di 191 Paesi, raccolti tra il 1940 e il 2020.
Con + 1°C, l’aspettativa di vita diminuisce di oltre cinque mesi
Sono stati esaminati, in particolare, le temperature medie, le precipitazioni e l’aspettativa di vita, utilizzando poi il valore del prodotto interno lordo pro capite per tener conto delle differenze da Paese a Paese. Oltre a valutare l’impatto delle temperature e delle precipitazioni, lo studioso ha anche elaborato un indice composito che combina le due variabili per descrivere la gravità del cambiamento climatico. I risultati ottenuti suggeriscono che se la temperatura media annuale aumenta di 1°C, l’aspettativa di vita alla nascita diminuirà di cinque mesi e una settimana. Considerando che, come annunciato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale, l’anno scorso la temperatura ha superato le medie di oltre 1°C, per la precisione di 1,45°C, è facile intuire che se lo stesso studio prendesse in esame anche gli anni successivi al 2020 l’aspettativa di vita alla nascita potrebbe subire un ulteriore calo.
Le donne sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici
Ad avere la peggio saranno le donne: dallo studio newyorkese, infatti, emerge pure che il cambiamento climatico ridurrà in modo sproporzionato l’aspettativa di vita delle femmine più di quella dei maschi. Inoltre, un aumento della temperatura avrà un ulteriore impatto negativo sull’aspettativa di vita interagendo con il ciclo delle precipitazioni. Alla luce dei risultati ottenuti, il professor Roy, nelle conclusioni del suo articolo invita i Paesi di tutto il mondo “a presentare iniziative tempestive per contenere l’aumento della temperatura globale e proteggere la salute della popolazione sull’orlo del cambiamento climatico”.
Come cambiare rotta
“Per affrontare questi impatti sulla salute, è fondamentale mitigare i cambiamenti climatici riducendo le emissioni di gas a effetto serra e adattandosi ai cambiamenti che si stanno già verificando – consiglia il docente – . Inoltre, le misure di salute pubblica, la preparazione ai disastri e i miglioramenti delle infrastrutture sanitarie possono migliorare la resilienza e ridurre i rischi per la salute associati ai cambiamenti climatici. Riconoscere l’interconnessione tra clima e salute è essenziale per sviluppare strategie efficaci per proteggere il benessere umano in un clima che cambia. In caso contrario, le minacce del cambiamento climatico possono anche accumularsi nel tempo, portando a cambiamenti a lungo termine. Inoltre, i nostri risultati – dice il professor Roy – suggeriscono che lo sconvolgimento climatico e le calamità naturali associate non sono distribuite uniformemente a livello globale. Alcune regioni, in particolare i Paesi meno sviluppati, sono più vulnerabili a causa della loro posizione geografica e dei fattori socioeconomici. La mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici e l’attuazione di strategie di adattamento – conclude – sono passi cruciali per ridurre questi rischi per la salute e proteggere l’aspettativa di vita degli esseri umani”.
di Isabella Faggiano
Redazione Sanita Quotidiano