La riforma dell’immigrazione in Francia non piace a nessuno

Contiene sia proposte di destra sia un ampliamento delle misure di integrazione, ma al momento non ha i numeri per essere approvata

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Alcune persone partecipano a una manifestazione contro la legge sull'immigrazione davanti al Senato a Parigi, 6 novembre 2023 (EPA/Mohammed Badra/ANSA)

Lunedì in Francia è iniziata la discussione finale all’Assemblea Nazionale, la camera bassa del parlamento francese, sulla nuova legge per regolare l’immigrazione.

Da settimane la proposta è al centro del dibattito politico a causa di numerose modifiche sostanziali che l’hanno distanziata dal disegno di legge presentato dal governo, sia al Senato sia all’Assemblea Nazionale. La discussione dovrebbe durare circa due settimane, ma al momento la situazione è talmente confusa che non è chiaro nemmeno se e con quale testo verrà effettivamente approvata la riforma.

Il Senato, controllato dal centrodestra, nella discussione avvenuta nei mesi scorsi aveva infatti decisamente spostato il testo verso destra. L’Assemblea Nazionale, dove la rappresentazione dei partiti è più eterogenea, ha smantellato in vari punti il testo approvato dal Senato, in alcuni casi ripristinando quello proposto dal governo e in altri casi introducendo misure ulteriormente diverse. Il risultato è che oggi la riforma si trova in una specie di limbo: il principale partito di centrodestra, quello dei Repubblicani, sostiene che il testo modificato dall’Assemblea sia diventato troppo morbido e che non lo voterà. Al contempo secondo i partiti di centrosinistra il testo è rimasto troppo sbilanciato verso destra: gli unici che sembrano apprezzarlo sono i parlamentari del partito del presidente Emmanuel Macron, che però da soli non hanno abbastanza voti per approvarlo.

La soluzione potrebbe essere un definitivo spostamento verso destra del testo finale: al partito di Macron per farlo approvare basterebbe avere il sostegno degli alleati centristi di Movimento Democratico e soprattutto dei Repubblicani, di cui peraltro l’attuale ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ha fatto parte fino a qualche anno fa. Ma al contempo la riforma potrebbe essere respinta già nei prossimi giorni da una mozione presentata dai Verdi che chiede di rimandare la legge al Senato. Se la mozione riceverà il sostegno di tutte le forze di opposizione al governo, compresi i Repubblicani, il governo subirebbe una grossa sconfitta politica e la discussione sarebbe ulteriormente rimandata.

Molto dipenderà da cosa sceglieranno di fare i Repubblicani: se cioè preferiranno approvare una legge sull’immigrazione meno dura di quella che propongono, oppure causare una brutta sconfitta al governo.

Una manifestante tiene in mano un cartello con scritto: “Le Pen lo sognava, Darmanin lo fa” durante una manifestazione contro la legge sull’immigrazione davanti al Senato a Parigi il 6 novembre 2023 (AP Photo/Michel Euler)

Darmanin aveva presentato la legge a inizio novembre come un compromesso tra un maggiore controllo dell’immigrazione irregolare e una semplificazione e ampliamento dei percorsi di integrazione. Per quanto riguarda questi ultimi, dava la possibilità di iniziare a lavorare da subito alle persone la cui richiesta d’asilo avesse buone possibilità di essere accettata sulla base della loro nazionalità (principalmente coloro che arrivano da Afghanistan, Siria o Eritrea), e prevedeva una specie di permesso di lavoro temporaneo per un anno per chi era entrato irregolarmente in Francia ma aveva trovato lavoro in settori dove la manodopera è scarsa.

Allo stesso tempo proponeva di ampliare la categoria dei reati che potevano portare all’espulsione di un cittadino straniero arrivato in Francia prima di compiere 13 anni o che ci vive da più di 20 anni.

Queste due proposte sono state mantenute nella versione finale della legge, che però nell’ultimo mese è stata ampiamente modificata in altri punti.

Durante le prime due settimane di novembre la legge era stata dibattuta in Senato, dove il primo partito è quello dei Repubblicani, di centrodestra, che controllano più di un terzo dei seggi. Il Senato aveva cambiato molto la proposta di legge, eliminando diverse proposte più progressiste – come il permesso di soggiorno di un anno per gli irregolari che trovano lavoro – e rafforzandone altre: ad esempio, aveva reso più stringenti i criteri per avere diritto all’assistenza sanitaria, la riunificazione famigliare o la cittadinanza francese, e aveva aumentato o istituito nuove pene per coloro che rimanevano in Francia senza permesso di soggiorno. Aveva anche aggiunto nuove misure, come ad esempio l’introduzione delle quote annuali per l’immigrazione e l’obbligo di deposito di una “cauzione” da parte degli studenti universitari internazionali al momento del loro arrivo in Francia. Gli studenti avrebbero poi dovuto dimostrare annualmente «la serietà del loro percorso di studi».

Il testo al Senato prevedeva poi l’eliminazione dell’assistenza sanitaria statale (AME) per le persone senza permesso di soggiorno, introducendone una “d’emergenza” che copre molte meno cure e che i beneficiari dovrebbero pagare attraverso una tassa annuale. Questa misura era da tempo richiesta dai partiti di destra ed estrema destra francese. Il Senato aveva anche approvato la reintroduzione, con l’appoggio del ministro dell’Interno Darmanin, del reato di “soggiorno illegale” per gli stranieri irregolari, punibile con una multa e fino a tre anni di carcere, eliminato nel 2012.

La proposta uscita dal dibattito al Senato aveva creato forti critiche sia dai partiti progressisti sia da una parte dei deputati di Rinascimento (il partito del presidente Emmanuel Macron, che prima si chiamava En Marche!). Dopo l’approvazione in Senato la legge era stata analizzata dalla Commissione giuridica dell’Assemblea Nazionale, che l’aveva nuovamente modificata: pur lasciando alcune proposte più limitanti dell’immigrazione aveva ridimensionato o del tutto eliminato la maggior parte delle misure introdotte dal Senato, fra cui quella dell’eliminazione dell’AME, e del reato di “soggiorno illegale”.

Questa nuova versione sarà discussa dall’Assemblea Nazionale in un clima molto teso: sono stati presentati oltre 2.600 emendamenti, di cui 650 solo da parte dei Repubblicani, che hanno detto che non voteranno a favore della legge dopo le modifiche della Commissione. Dalla loro parte si è schierato anche Rassemblement National, il partito di estrema destra francese di Marine Le Pen. Entrambi chiedono che la legge torni esattamente come quella uscita dal dibattito del Senato.

Contrari alla nuova proposta, ma per motivi opposti, sono però anche i partiti che fanno parte della coalizione di sinistra Nuova Unione popolare ecologica e sociale (NUPES), guidata da Jean-Luc Mélenchon, che hanno presentato una mozione che, se approvata, respingerebbe la proposta nella sua interezza e la rimanderebbe a essere discussa in Senato. Non è chiaro se questo possa succedere davvero, dato che per passare questa mozione dovrebbe essere votata anche da diversi deputati Repubblicani.

Al momento il ministro Darmanin e diversi deputati di Rinascimento hanno escluso di approvare la legge ricorrendo all’articolo 49.3 della Costituzione francese, che permetterebbe di approvarla direttamente evitando il dibattito parlamentare. L’utilizzo dell’articolo 49.3 è un tema politico molto delicato in Francia e avviene di solito solo in casi eccezionali. L’ultima volta che il governo l’ha attivato è stato a marzo per forzare l’approvazione della contestatissima riforma delle pensioni dopo mesi di manifestazioni in tutto il paese.

Redazione Il Post

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