In Cina si insegna sempre meno l’inglese

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L'ex first lady americana Michelle Obama in una scuola cinese nel 2014 (AP Photo/Andy Wong)

Soprattutto per volontà del governo, che porta avanti una politica nazionalista: i risultati cominciano a vedersi nei test

di Giudo Alberto Casanova – Il Post

Da alcuni anni il governo cinese sta limitando l’insegnamento e la diffusione dell’uso della lingua inglese, con il risultato che nel paese le persone che la parlano sono sempre di meno. Secondo un rapporto pubblicato nei giorni scorsi da EF Education First, una società internazionale che si occupa di educazione e formazione linguistica, da qualche anno la Cina sta scendendo nella classifica dei paesi per competenza nell’uso dell’inglese, e attualmente è all’82esimo posto.

Per la seconda economia al mondo la tendenza a disimparare l’inglese è in linea col diffondersi di un sentimento nazionalista che è stato coltivato nell’ultimo decennio dopo l’ascesa al potere del presidente Xi Jinping, che ha tra i suoi obiettivi politici quello di accrescere l’orgoglio culturale cinese e di affermare la Cina come una potenza a livello mondiale.

Dopo che per circa un decennio il punteggio della Cina nella conoscenza dell’inglese era andato costantemente migliorando, a partire dal 2020 ha cominciato a perdere punti in modo piuttosto rapido. Se il paese nel 2020 si trovava al 38esimo posto nella classifica compilata dal EF, l’anno seguente era sceso al 49esimo e nel 2022 al 62esimo. La classifica si basa sui risultati di oltre 2 milioni di persone che hanno fatto i test di inglese di EF, divisi per varie categorie demografiche.

Il declino nelle abilità della popolazione cinese a esprimersi in inglese è un fenomeno piuttosto recente e che in parte rispecchia un calo su scala globale che è avvenuto negli ultimi anni. Tra il 2020 e il 2023, il punteggio della Cina è sceso dal massimo storico di 520 punti fino a 464: un calo di 56 punti che è ben maggiore del -20 registrato dalla Corea del Sud nello stesso periodo ma anche del -30 del Giappone, un paese piuttosto noto per avere scarsa dimestichezza con le lingue straniere, che però ormai nella classifica generale rimane dietro alla Cina di soli 7 punti.

La rimozione dell’inglese
Il peggioramento dei punteggi si collega a diverse iniziative che negli ultimi anni hanno limitato l’insegnamento e la diffusione della lingua inglese in Cina. Già un decennio fa le autorità comunali di Pechino avevano provato a ridurre l’importanza dell’inglese nelle scuole, senza però dar seguito a queste intenzioni. Nel 2021 il comune di Shanghai, la città dal carattere più internazionale e imprenditoriale di tutta la Cina, ha deciso di eliminare l’esame d’inglese dai tre esami obbligatori che gli studenti delle scuole elementari devono affrontare a fine anno (precedentemente erano cinese, inglese e matematica). Di fatto, si è trattato di un declassamento dell’importanza attribuita all’insegnamento della lingua inglese.

Dopo la decisione adottata dall’amministrazione di Shanghai, l’anno scorso il ministero dell’Istruzione ha dovuto pubblicamente respingere una richiesta formulata da alcuni membri del Congresso nazionale del popolo (il parlamento formale della Cina) in cui si chiedeva di ridurre la rilevanza dell’inglese nelle scuole. Nel 2021, nel quadro di una riforma generale dell’istruzione, il governo ha approvato nuove regole che mettevano forti limiti ai corsi del doposcuola. Col risultato che gran parte degli insegnanti privati di lingua inglese, concentrati prevalentemente nelle città, si sono ritrovati nella condizione di non poter più dare ripetizioni private.

La riduzione dell’importanza della lingua inglese ha coinvolto anche le grosse università. Lo scorso settembre la Xi’an Jiaotong University, una delle migliori 20 università del paese, ha deciso di rimuovere la certificazione della lingua inglese dai requisiti necessari che gli studenti devono avere sia per essere ammessi che per potersi laureare.

L’inglese, che nelle scuole cinesi è diventato una materia obbligatoria solo a partire dal 2001, sta poi perdendo rilevanza anche negli spazi pubblici. Il ministero degli Affari civili ha emanato una proposta per standardizzare i segnali stradali e le indicazioni topografiche in tutto il paese, in modo tale da sostituire la traduzione in inglese con la strascrizione in pinyin (un sistema ufficiale in Cina per traslitterare il cinese mandarino con l’alfabeto latino). Come detto da Federico Picerni, docente di lingua cinese all’Università Ca’ Foscari di Venezia e all’Università di Bologna, la proposta potrebbe per esempio cambiare la famosa Nanjing Road di Shanghai in Nanjinglu, visto che “lù” (路) in cinese significa esattamente “strada”. Nanjing Road è una delle principali vie turistiche di Shanghai e una delle più importanti vie dello shopping del mondo, che si chiama così dai tempi del colonialismo europeo, alla fine dell’Ottocento.

Ci sono almeno due ragioni per cui il governo cinese ha deciso di ridimensionare l’importanza dell’insegnamento della lingua inglese alla popolazione.

La prima ha a che fare con il sistema formativo cinese, che negli ultimi anni è stato molto criticato per avere effetti disfunzionali sulla vita degli studenti e per non essere riuscito ad appianare le profonde disuguaglianze sociali che attraversano il paese. I giovani cinesi sono sottoposti a un’enorme pressione scolastica, in cui la competizione è molto forte. La carriera scolastica culmina poi nel gaokao, l’esame d’ingresso all’università che decide chi frequenterà le università più prestigiose e chi no.

L’enorme competizione spinge le famiglie a spendere somme considerevoli in lezioni private e doposcuola per migliorare l’istruzione dei figli, e una materia che molto spesso viene insegnata privatamente è proprio l’inglese. Secondo il governo cinese queste spese sarebbero un disincentivo alla natalità e avrebbero un effetto negativo sulla mobilità sociale della Cina: se nelle zone urbane le famiglie hanno maggiori capacità di spesa e possono consentire ai propri figli di ottenere una migliore istruzione, nelle zone rurali la mancanza di disponibilità economiche simili a quelle delle grandi città rischia di lasciare indietro gli studenti di quelle zone.

La seconda motivazione della campagna contro l’inglese ha invece un carattere internazionale. Con l’intensificarsi della rivalità tra Cina e Stati Uniti, le autorità cinesi hanno intrapreso una campagna per coltivare un sentimento di patriottismo e di lealtà verso il Partito Comunista cinese tra i cittadini, che si esprime anche attraverso la perdita d’importanza dell’inglese, e più in generale della cultura occidentale veicolata attraverso quella lingua. D’altro lato però, questo cambio di rotta riflette anche un sentimento condiviso da una parte della popolazione cinese, che ritiene sia arrivato il momento che siano gli altri a dover imparare la propria lingua.

Redazione Il Post

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