La comunità cristiana di Betlemme, in Cisgiordania, ha annunciato che quest’anno sospenderà i festeggiamenti pubblici per Natale come gesto di solidarietà nei confronti della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza, sotto assedio dell’esercito israeliano da quasi due mesi. Le funzioni religiose saranno comunque svolte, ma sono state annullate le manifestazioni e le parate che di solito si svolgono in città durante il periodo natalizio, e non saranno esposti addobbi pubblici. È una decisione notevole per Betlemme, il luogo in cui si ritiene sia nato Gesù e in cui ogni anno vanno in visita migliaia di pellegrini cristiani.
Con le stesse ragioni sono stati sospesi i festeggiamenti del Natale anche a Gerusalemme, altra città importantissima per i cristiani, e in Giordania, il paese che ospita la più alta concentrazione di rifugiati palestinesi al mondo.
Betlemme è una delle città in cui vivono più palestinesi cristiani, assieme a Ramallah e Gerusalemme. I palestinesi cristiani sono una delle comunità più antiche all’interno del Cristianesimo, e oggi rappresentano circa il 2 per cento della popolazione totale palestinese, una piccola minoranza. Sono affiliati in buona parte alla Chiesa ortodossa di Gerusalemme e ad altre chiese cattoliche, ortodosse ed evangeliche.
Betlemme, in cui vive una comunità cristiana abbastanza nutrita, è uno dei più importanti luoghi sacri al mondo per i cristiani. Nel centro della città c’è la Basilica della Natività, il luogo in cui tradizionalmente si crede che sia nato Gesù, e una serie di altri luoghi molto rilevanti per la cultura religiosa cristiana come la Grotta del Latte (chiamata così per la credenza secondo cui alcune gocce di latte di Maria, la madre di Gesù, sarebbero cadute sul pavimento) o la Chiesa di Santa Caterina.
Nel periodo natalizio a Betlemme vengono organizzate manifestazioni e parate, e la città si riempie di decorazioni: le più note sono quelle allestite in piazza Manger, la piazza di fronte alla basilica della Natività. La decisione di sospendere i festeggiamenti è insomma molto rilevante e simbolica. Verranno comunque svolte le funzioni religiose, ma in modo limitato e con alcune restrizioni.
L’annuncio è stato fatto alcuni giorni fa dalle autorità locali, che hanno detto di aver cancellato i festeggiamenti «in onore dei martiri e in solidarietà con il nostro popolo a Gaza», e di ritenere «inappropriato organizzare tali festeggiamenti mentre si sta verificando un massacro a Gaza e attacchi in Cisgiordania». Le autorità si riferivano sia alla guerra nella Striscia di Gaza sia agli episodi di violenza nei confronti dei palestinesi compiuti dai coloni, gli israeliani che abitano nei territori della Cisgiordania che secondo gran parte della comunità internazionale appartengono ai palestinesi.
A Gerusalemme la sospensione dei festeggiamenti natalizi è stata annunciata dalla comunità cristiana locale, che a metà novembre ha invitato i cristiani della regione a evitare i festeggiamenti, a concentrarsi sul significato spirituale del Natale e a pregare per «le vittime di questa guerra e per coloro che ne hanno estremo bisogno», definendo questo periodo «pieno di tristezza e dolore».
La prima comunità cristiana araba ad annunciare la sospensione dei festeggiamenti di Natale era stata però quella della Giordania: lo aveva annunciato il cosiddetto Consiglio dei leader della Chiesa, organo che per conto del governo si occupa degli affari cristiani nel paese, a inizio novembre. Anche in questo caso le celebrazioni sono state limitate alla sola preghiera e la decisione è stata motivata come gesto di solidarietà nei confronti della popolazione palestinese a Gaza, denunciando «nei termini più duri e forti gli atti barbarici commessi dall’aggressione israeliana, in violazione di tutte le norme internazionali».
Parallelamente all’annuncio sulla sospensione dei festeggiamenti natalizi, la comunità cristiana di Betlemme e le altre e le altre hanno anche chiesto la cessazione dei bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza, sospesi da una settimana grazie a una tregua. Sono state fatte in particolare pressioni sugli Stati Uniti, paese che su Israele ha una grande influenza. Tra le altre cose, una delegazione di palestinesi cristiani è stata accolta martedì alla Casa Bianca a Washington e ha chiesto un cessate il fuoco «costante e completo» nella Striscia di Gaza.
Redazione Il Post